Due anni e quattro mesi per la prof che investì e uccise Daniele Marchi
La condanna per omicidio stradale ha escluso la fuga e l’omissione di soccorso

Due anni e quattro mesi per la docente di diritto che investì e uccise Daniele Marchi: la sentenza per omicidio stradale esclude la fuga e l’omissione di soccorso. I familiari della vittima presenti in aula, ma non si costituiscono parte civile. La tragedia nel gennaio 2023 in viale Resistenza a Pavia.
Travolse e uccise Daniele Marchi
Loredana Casale, docente dell’istituto Bordoni di Pavia, la mattina del 23 gennaio 2023 era diretta a scuola. Poco prima delle 8, in viale Resistenza, con la sua Renault Capture ha urtato e trascinato per diversi metri Daniele Marchi, 50 anni, maestro d’asilo in Borgo, in sella alla sua bicicletta. Quasi 100 metri dopo si è fermata per parcheggiare, poi è entrata in un bar, e infine in aula.
Due anni e quattro mesi
A distanza di quasi un anno e mezzo, è arrivata la sentenza. Il giudice Pasquale Villani ha condannato la prof a due anni e quattro mesi di reclusione, con la sospensione della patente per due anni, per omicidio stradale. Ma ha escluso le aggravanti dell’allontanamento volontario e dell’omissione di soccorso.
Le motivazioni saranno depositate entro 90 giorni. Per il giudice, però, la docente non si è resa conto di aver investito una persona. La difesa ha sempre sostenuto questa linea, e i fatti – così come valutati in aula – sembrano averle dato ragione.

La pm Valentina Terrile aveva chiesto tre anni di condanna, ridotti dalla scelta del rito abbreviato (che permette uno sconto di pena). La difesa aveva anche richiesto che fosse riconosciuto un concorso di colpa della vittima, sostenendo che la propria assistita non avesse percepito l’urto, né le grida.
Il processo
Inizialmente, la Procura aveva escluso la fuga e l’omissione di soccorso, ritenendo la versione della docente plausibile. Ma l’opposizione dei familiari, accolta dalla giudice Daniela Garlaschelli, ha portato a una revisione del capo d’imputazione: per la giudice era “inverosimile” che l’imputata non si fosse accorta dell’impatto o delle urla delle persone sul posto. Così la Procura ha aggiunto le due accuse, poi riformulate da Villani come aggravanti del reato principale.
Il processo si è concluso con una condanna, ma non con la piena soddisfazione di chi sperava in un riconoscimento più ampio delle responsabilità. La morte di Daniele Marchi ha lasciato un vuoto profondo. E sebbene il verdetto escluda il dolo, resta il peso morale di una tragedia che si poteva forse evitare.