Il Tribunale di Pavia ha condannato il titolare della Casa Famiglia “Villa delle Rose” di Vistarino per maltrattamenti, in una sentenza storica che riconosce per la prima volta in Lombardia lo SPI CGIL come parte lesa. La condanna è di 3 anni e 4 mesi di reclusione, oltre a risarcimenti provvisionali di 10mila euro per ogni ospite coinvolto.
Maltrattamenti a Vistarino: titolare condannato
Il Tribunale di Pavia ha messo un punto fermo su una dolorosa vicenda dei maltrattamenti avvenuti presso la Casa Famiglia “Villa delle Rose” di Vistarino. Il processo di primo grado si è concluso ieri, 1 dicembre 2025, con una condanna a carico del titolare della struttura, ma a rendere la sentenza un precedente cruciale è stato il riconoscimento dello SPI CGIL Lombardia e Pavia come parte lesa. Come riportato in un comunicato, per la prima volta nella regione, il sindacato dei pensionati ottiene tale status in un procedimento per abusi sugli anziani, confermando il suo ruolo di baluardo nella difesa delle persone più fragili.
La condanna
Il collegio giudicante ha stabilito una pena detentiva di 3 anni e 4 mesi di reclusione per l’imputato, titolare della casa famiglia. La sentenza include anche l’interdizione dai pubblici uffici per 5 anni. Sul fronte dei risarcimenti, i giudici hanno disposto in via provvisionale un indennizzo di 10mila euro per ogni ospite coinvolto nella vicenda. Allo SPI CGIL, oltre al rimborso delle spese legali, è stato riconosciuto il diritto di avviare azioni in sede civile per quantificare e ottenere il risarcimento per i danni subiti.
SPI CGIL: “Sentenza storica”
La notizia è stata accolta con grande soddisfazione dai rappresentanti sindacali, che la definiscono una “sentenza storica”.
Federica Trapletti, Segretaria SPI CGIL Lombardia, ha commentato:
“Il riconoscimento come parte lesa certifica il nostro ruolo in qualità di rappresentanti dei diritti degli anziani e conferma che la strada intrapresa è quella giusta. Continueremo a batterci, in ogni sede, per la tutela di ospiti e famiglie”.
Questo caso, infatti, è stato il catalizzatore che ha spinto il sindacato a chiedere sistematicamente il riconoscimento come parte civile in tutti i processi per maltrattamenti o abusi nelle RSA del territorio, come già avvenuto per il caso della RSA di Dizzasco (Como) e in attesa dei procedimenti per la RSA Bramante di Pontida (Bergamo) e per la Casa dei Coniugi di Milano.
Riccardo Panella, Segretario Generale dello SPI CGIL di Pavia, ha sottolineato:
“La sentenza riconosce responsabilità penali precise. Invitiamo gli anziani e i soggetti fragili, che talvolta non trovano il coraggio di denunciare per paura di ritorsioni, a segnalare, anche al sindacato, situazioni poco chiare o potenzialmente pericolose“.
Panella ha anche ribadito l’intenzione di proseguire l’azione legale in sede civile e ha evidenziato l’incompatibilità tra la gravità dei reati e la possibilità di continuare a operare in un ambito delicato come quello sociosanitario.
La lettura legale
Gli avvocati Federica Ramaioli e Alberto Ghidoni, che hanno rappresentato lo SPI CGIL Lombardia e Pavia, hanno chiarito la rilevanza del verdetto.
Secondo l’avvocato Ramaioli, la condanna e il riconoscimento del sindacato come parte lesa suggeriscono che il Tribunale abbia ritenuto le condotte accertate in grado di “compromettere il perseguimento del fine statutario di salvaguardia del pensionato”.
“L’inosservanza di ogni norma, posta a tutela della salute e della dignità degli anziani,” ha spiegato, “ha altresì cagionato un danno autonomo e diretto, patrimoniale e non patrimoniale, alle Organizzazioni sindacali per la perdita di credibilità dell’azione a tutela delle condizioni di esistenza primaria delle persone anziane”.
I fatti
La vicenda di Vistarino risale al 2022, quando le ispezioni dei NAS e le successive indagini della Procura di Pavia portarono alla luce accuse di abbandono, maltrattamento e comportamenti offensivi rivolti agli ospiti.
Il processo ha visto l’assoluzione con formula piena per una delle due operatrici indagate, mentre l’altra aveva patteggiato in sede di udienza preliminare. L’unico a finire a processo è stato il titolare, per il quale l’accusa aveva inizialmente richiesto una pena superiore.