Morte di Giacomo Sartori, caso chiuso: si è trattato di suicidio
Il gesto estremo potrebbe essere stato provocato da un esaurimento nervoso.
Per molti è stato un vero e proprio mistero. Un giallo, per usare altri termini, ma non per i famigliari: la morte di Giacomo Sartori, l'informatico bellunese trovato impiccato lo scorso settembre nelle campagne di Casorate Primo, in provincia di Pavia, è stata classificata come un suicidio. Archiviato il caso, dunque... anche se resta da capire il motivo del tragico gesto.
Morte di Giacomo Sartori, caso chiuso: è stato suicidio
Il 29enne quindi si è tolto la vita. Nessun mistero, dunque, tranne il motivo per cui il giovane avrebbe compiuto il tragico gesto. Ricostruire l'accaduto non è stato semplice, le indagini sono state condotte in modo scrupoloso, anche grazie al lavoro della squadra omicidi del Nucleo investigativo di Milano. E nulla è stato lasciato al caso, se non, come detto, la ragione che ha spinto il 29enne al suicidio.
Le telecamere di videosorveglianza
Nelle indagini tutti i dettagli sono stati passati al vaglio. Comprese le immagini delle telecamere presenti in zona. Sia quelle situate sul suolo pubblico che quelle private. E poi sono stati incrociati i dati dei cellulari, le indagini biologiche, le analisi dei medici legali. Insomma tutto conduce verso la pista del suicidio. Anche l'ipotesi del ricatto è "tramontata": Sartori, secondo gli inquirenti, non ha mai seguito il segnale del pc aziendale e del cellulare rubato.
In auto tutto in ordine
Nulla era fuori posto nella sua auto, tranne i sedili, leggermente spostati rispetto alla normale posizione di guida. Ma questo perché il 29enne potrebbe aver usato la vettura per dormire. E dunque come mai è arrivato nel Pavese dalla provincia di Belluno? Se non l'ha fatto per ritornare in possesso del disco rigido rubato (per il datore di lavoro si trattava di file di poco conto), allora l'ipotesi più accreditata è quella di un esaurimento emotivo.
Un disagio psicologico
Il giovane non aveva molti amici e neppure una fidanzata. E sul posto di lavoro non era molto espansivo. E queste informazioni sono state confermate anche dai famigliari che in questi lunghi otto mesi dal ritrovamento del cadavere impiccato con una catenella e una corda a 200 metri da dove aveva lasciato l'auto, hanno avuto modo di comprendere quei turbamenti, forse passati inosservati, che popolavano la testa del giovane informatico bellunese.