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Al via il processo contro quattro attivisti di Friday For Future per il blocco della raffineria Eni di Sannazzaro

I quattro imputati chiedono un percorso di giustizia riparativa e invitano l’azienda e il Governo a un dialogo concreto per abbandonare gli investimenti fossili

Al via il processo contro quattro attivisti di Friday For Future per il blocco della raffineria Eni di Sannazzaro

È iniziato il processo contro quattro attivisti per la giustizia climatica accusati per il blocco della raffineria Eni di Sannazzaro nel 2023. Gli imputati hanno chiesto di avviare un percorso di giustizia riparativa e il movimento ha rilanciato l’appello a un cambio di rotta nelle politiche fossili.

Al via il processo contro attivisti di Friday For Future

È cominciato ieri (11 novembre 2025) il processo a carico di quattro attivisti per la giustizia climatica coinvolti nel blocco della raffineria Eni di Sannazzaro de’ Burgondi, avvenuto nel settembre 2023. I giovani erano stati destinatari di Decreti Penali di Condanna per reati di imbrattamento, violenza privata e invasione di terreno privato, con una sanzione complessiva di circa 4mila euro.

Dal decreto penale al processo

Gli imputati hanno scelto di opporsi al decreto penale, dando così avvio al processo. Come riportato in un comunicato stampa, durante la prima udienza, tenutasi ieri, la difesa ha presentato la richiesta di accesso a un percorso di giustizia riparativa, uno strumento che – spiegano gli attivisti – può aprire uno spazio di dialogo diretto con l’azienda Eni.

Secondo gli attivisti, tale percorso rappresenterebbe un’occasione per concretizzare la volontà di confronto e promuovere “un necessario cambio di passo” nelle politiche e negli investimenti energetici della multinazionale.

La COP30

La vicenda giudiziaria si inserisce in un contesto internazionale delicato: tra pochi giorni inizierà in Brasile la COP30, la conferenza delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici.

“È inaccettabile – dichiarano gli attivisti – che si debba ancora ribadire ciò che la scienza sostiene da decenni: la crisi climatica minaccia l’esistenza di tutti noi, e i responsabili sono noti e visibili”.

Nel loro comunicato, gli attivisti hanno inoltre criticato il ritardo dell’Italia nella presentazione degli NDC, gli obiettivi climatici nazionali alla COP30, attribuendolo alla “lentezza del Governo nel contrastare gli interessi delle aziende fossili”.

Il movimento ha infine ricordato che è attiva una raccolta fondi per sostenere le spese legali legate al processo.