Nuovo dpcm in vista?

Il lockdown nazionale non è più tabù: la decisione il 15 novembre

Tempo fino a domenica, sembra, per vedere i primi effetti delle ultime misure. Se il contagio non rallenta, si tornerà a uno stop nazionale con nuove chiusure.

Il lockdown nazionale non è più tabù: la decisione il 15 novembre
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Il Dpcm del 4 novembre con le misure restrittive “a zone” a seconda del grado di rischio potrebbe venir già superato domenica 15 novembre 2020 con un nuovo lockdown nazionale.

Lockdown nazionale, misure “a zone” troppo tardive

Come riporta Prima Saronno, potrebbe arrivare domenica 15 novembre 2020, la decisione del Governo per un nuovo lockdown nazionale. Tutto il Paese potrebbe tornare in zona rossa, e con più chiusure e restrizioni rispetto quelle oggi in vigore, con ulteriori chiusure delle attività commerciali “non necessarie”. Un tabù, quello di un ritorno alle misure massime della primavera, che da Roma tutti si affrettavano a negare e che ora sembra farsi largo nella stessa maggioranza, su pressione anche degli appelli dei medici di tutt’Italia che vedono gli ospedali e la sanità del Paese in continue e maggiori difficoltà.

Se la decisione dovesse arrivare sarebbe la conferma che il sistema a zone rosse, arancioni e gialle messo a punto dal Governo è risultato tardivo, un tentativo di chiudere le porte della stalla con i buoi già in fuga. E anche la data del 15 novembre, a meno di 14 giorni dall’ultimo provvedimento entrato in vigore solo venerdì 6, marcherebbe questo ritardo. La voce si è fatta largo in queste ultime ore, dopo il passaggio di nuove regioni in zona arancione e durante la discussione sulla “sorte” della Campania, settimana scorsa inserita in zona gialle e ora a un passo da quella rossa.

Il sottosegretario Zampa: “Non arriveremo all’ultimo”

Un lockdown nazionale, e più duro, al quale ha aperto anche il sottosegretario alla Salute Sandra Zampa in un’intervista a La Stampa: “Se tutto si rivelasse inefficace, nessuno attenderà all’ultimo”, ha dichiarato. Scelta che, secondo il Presidente del Veneto Luca Zaia, rappresenterebbe “una sconfitta”. L’obiettivo sembra quello di tentare di salvare il Natale (e la spinta all’economia portato dalla corsa agli acquisti), che sarebbe sempre più a rischio se l’epidemia non arretrasse.

Tempi troppo stretti

C’è però un problema di tempi. Come detto, una misura richiede almeno 14 giorni per mostrare i suoi effetti, e già una decisione il 15 novembre non lo renderebbe possibile. Inoltre, come visto per l’ordinanza che ha definito il posizionamento delle Regioni nelle diverse fasce di rischio, è difficile avere dalle regioni sufficienti dati su tutti i 21 parametri del “modello di monitoraggio” relativi alla settimana appena trascorsa. La prima divisione delle zone fu infatti decisa su dati risalenti a due settimane prima e il rischio è che il 15 si decida, di nuovo, su dati “vecchi”. Motivo questo per cui il Presidente del Consiglio sarebbe più attendista, anche a difesa del modello di chiusure regionali che ha creato non poche discussioni e malumori nell’ultima settimana.

I dati non migliorano

Ancora una volta sembra quindi che si rischi di prendere decisioni guardando non davanti a sè ma nello specchietto retrovisore. Intanto, l’ultimo aggiornamento dell’Istituto Superiore di Sanità ha comunicato i dati relativi alla settimana dal 26 ottobre al primo novembre, quella successiva alla base dell’ordinanza del 4 novembre. Dati che raffreddano soprattutto le speranze della Lombardia di vedervi un primo miglioramento dopo le restrizioni decise da Fontana, evidenziando un indice di contagio Rt salito a 2,08 contro l’1,7 della media nazionale, anch’essa in salita.

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