Un grande lavoro di squadra. Intervista a Carlo Nicora, neo Direttore Generale del San Matteo

Questi primi giorni li sta impegnando per incontrare, uno ad uno, i direttori di struttura complessa, sanitarie e tecnico-amministrative.

Un grande lavoro di squadra. Intervista a Carlo Nicora, neo Direttore Generale del San Matteo
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Intervista a Carlo Nicora, neo Direttore Generale del San Matteo: un grande lavoro di squadra! Si sta prendendo tutto il tempo necessario per ascoltare, conoscere, capire, ripercorrere quanto avviato e realizzato da chi lo ha preceduto.

Un grande lavoro di squadra. Intervista a Carlo Nicora, neo Direttore Generale del San Matteo

Questi primi giorni li sta impegnando per incontrare, uno ad uno, i direttori di struttura complessa, sanitarie e tecnico-amministrative: si sta prendendo tutto il tempo necessario per ascoltare, conoscere, capire, ripercorrere quanto avviato e realizzato da chi lo ha preceduto.

E’ Carlo Nicora (varesino di nascita), nuovo Direttore Generale del San Matteo. Proviene da Bergamo, dove ha diretto per otto anni il Papa Giovanni XXIII (già Ospedali Riuniti). Prima ancora è stato Direttore Sanitario di un altro grande ospedale della Lombardia, il Niguarda.

C’è da scommetterci che già in questi iniziali incontri comincerà a mettere in campo tutte le sue capacità di grande motivatore. Chissà… forse farà pesare anche la sua cultura musicale e l’abilità di metter insieme più note, toni, accenti: non a caso, qualche anno fa, è stato corista di un coro polifonico Santa Maria del Monte di Varese.

Direttore lei si è laureato in Medicina a Pavia. Che effetto le fa ritornarci dopo molti anni?

Mi sono laureato e specializzato negli anni ‘80. Dopo poco ho cominciato ad occuparmi essenzialmente del governo di un’organizzazione sanitaria che deve essere al servizio del malato.

Ritornare a Pavia dopo oltre trent’anni ha, per me, anche un significato simbolico perché mi riporta nel luogo dove sono stato formato nelle conoscenze e competenze professionali di medico. Ora mi viene chiesto di mettere al servizio del San Matteo, IRCCS e Policlinico Universitario, la mia esperienza direzionale. Certamente ciò contribuirà a completare la mia carriera di manager della sanità. Di questo sono grato a chi ha avuto fiducia in me.

Con oltre 3.500 dipendenti, 860 posti letto, un bilancio di esercizio di oltre 400 milioni di euro, il San Matteo è la più grande azienda, la più grande “fabbrica” del territorio pavese. E’ una bella responsabilità…

Certamente, una grande responsabilità, un onore e una sfida personale. Ma non si tratta di valorizzare solo dei numeri, pur decisivi. Il San Matteo ha una storia importante e deve continuare ad avere un ruolo di primo piano nella sanità e nella ricerca italiane.

Numeri e storia devono essere una leva che spinge a innovare, non una responsabilità che schiaccia.

L’incremento di valore può avvenire in termini di miglioramento di efficienza, efficacia, qualità, sicurezza e accessibilità. Ma per innovare occorre prima conoscere, ascoltare, ed è il primo impegno che sto assolvendo in questi giorni.

Si coglie “al volo” la passione per il suo lavoro. Ma qual è il mestiere di un direttore generale di un ospedale?

In linea generale è simile a quello di un regista o, se preferisce, di un direttore d’orchestra. Deve aver chiaro il risultato da ottenere; guidare al meglio i suoi “orchestrali” – con doti e difetti -, spingerli a superare se stessi ma nello stesso tempo a lavorare in armonia. Quando si lavora in un ambiente formato da professionisti, e professionisti di particolare valore (come al San Matteo), non si può procedere in modo automatico o impositivo.

Al direttore generale viene anche chiesto di fare delle scelte e di applicare delle regole, per risolvere problemi delicati e complessi. Scelte, regole, contesto e soluzioni vanno comunicati e comunicare vuol dire far sì che l’altro mi ascolti e mi capisca. Ma non basta solo comunicare bisogna coinvolgere e farsi coinvolgere, altrimenti perdiamo entrambi tempo.

In particolare, le organizzazioni sanitarie, dopo quelle aerospaziali, sono le più complesse dal punto di vista del management, per la miriade di attività da presidiare. La capacità di essere trasversalmente in grado di fare buona assistenza, ricerca, di fare integrazione fra le diverse discipline, l’organizzazione e l’umanizzazione sono le sfide che dobbiamo affrontare quotidianamente.

E poi c’è il tema dell’innovazione. E’ oramai indispensabile innovare il sistema nei suoi assetti organizzativi e nei suoi processi operativi. Si badi, però: innovare non significa solo disegnare nuove soluzioni ma ottenere reali cambiamenti.

Il paziente, la persona al centro. Per lei, in concreto, cosa significa e come si traduce nell’attività di cura e assistenza di un malato, nell’organizzazione e nell’innovazione dell’offerta sanitaria?

Quello che nella medicina del secolo scorso era un “lavoro da artigiano” è oggi un lavoro da svolgere in team dove le competenze individuali (profondamente frammentate) vanno ricomposte in percorsi di diagnosi e cura che utilizzano mezzi costosi su un “oggetto di lavoro” particolarmente delicato: la persona umana.

Medicina e assistenza vuol dire considerare anche la persona all’interno delle proprie relazioni personali. Il medico oggi misura, tiene traccia di parametri oggettivi come battiti, percentuali, tracciati. Lo fa per raccogliere indizi e ipotizzare una diagnosi. I numeri non bastano mai, allora guarda, ausculta, tocca. La medicina avrà sempre a che fare con l’umano, del paziente e del medico.

Una psicologa, una volta, mi ha detto che il colloquio medico-paziente dovrebbe essere una danza. Qualcosa che si fa insieme, seguendosi, lasciando all’altro lo spazio necessario, sincronizzandosi sul suo ritmo. Non è scontato che la danza abbia inizio, ma occorre provarci. Ascoltare il paziente (in tutti i sensi, il corpo e lo spirito) è un elemento necessario alla cura, al prendersi cura. E’ lo stesso per l’infermiere, forse ancora di più per maggiore prossimità nei gesti quotidiani: la terapia, il sonno, il cibo…

Ma questo vale anche per chi ha un compito amministrativo, allo sportello o nei servizi dell’ospedale. Nei momenti di incontro non mi stanco di ricordare che oltre al proprio contributo professionale abbiamo scelto un lavoro che ha un dovere che è quello di “prendersi cura”, e ogni giorno, ogni paziente è nuovo. Sicuramente faticoso, ma quando 8 anni fa arrivai a Bergamo rimasi colpito da un frase del santo Papa Giovanni XXIII: “ecco il nostro compito: occuparci degli altri”

Troppo spesso è come se la persona malata e chi la cura fossero degli alieni, estranei tra loro seppur simili. Solo nel momento in cui operatori e pazienti capiscono che fanno parte di una stessa squadra, e che non sono poi così diversi, possono mettere in gioco tutta la loro forza e aiutarsi a vicenda.

Il San Matteo è anche ospedale di insegnamento, dove si fa ricerca. Lei, a questo proposito, a Bergamo, si è occupato di progetti importanti, per certi aspetti unici in Italia…

Anche nella ricerca ci interessa l’uomo. Non rispondiamo a quesiti teorici e non vendiamo farmaci. Curiamo e vogliamo sapere perché questa cura con questo paziente funziona e con un altro no, vogliamo sapere se associare ad esempio due farmaci di aziende concorrenti migliora l’esito delle cure, una domanda che l’industria non si farà mai.

Non c’è buona cura senza ricerca e non c’è ricerca di qualità senza un’ottima assistenza. La ricerca risponde alle domande, se non sorgono domande in chi cura o se sorgono e restano senza risposte, non è buona cura.

Chi è Carlo Nicora

Carlo Nicora ha 60 anni. Prima di approdare al Policlinico di Pavia è stato dal 2011 Direttore Generale dell’ASST Papa Giovanni XXIII di Bergamo (già AO Ospedali Riuniti di Bergamo; è lui che ha vissuto e guidato il trasferimento dai Riuniti al Papa Giovanni, da Largo Barozzi alla Trucca, «un passaggio epocale», racchiudendo in sei giorni di «trasloco» un piano studiato nel dettaglio per mesi. Il «lancio» del nuovo Papa Giovanni è stato un momento che resterà nella storia della comunità bergamasca. In precedenza, dal 2003 al 2008 e da quest’anno al 2010 è stato, rispettivamente, Direttore Medico di Presidio e Direttore Sanitario aziendale del Niguarda. Prima ancora ha operato presso l’Azienda Ospedaliera di Busto Arsizio, come DMP all’Ospedale di Tradate e Saronno, e all’AO di Varese.

Nicora s’è laureato in Medicina e Chirurgia all’Università di Pavia, con un diploma di specializzazione in Fisiopatologia e Fisiochinesiterapia Respiratoria e, in seguito, in Igiene e Medicina Preventiva e Tecnica Ospedaliera.

Il neo Direttore Generale del San Matteo ha svolto anche attività di docenza universitaria e di formazione manageriale presso l’Ateneo di Pavia, di Camerino, nonché all’Università Bocconi e alla Cattolica di Milano.

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