La Procura di Brescia sta indagando sul presunto “Sistema Pavia”: coinvolti nelle indagini l’ex procuratore Mario Venditti e il giudice Fabio Lambertucci per presunti favoritismi. Un’inchiesta che potrebbe riaprire vecchi casi, tra cui quello del 20enne Soufiane Ech Chafiy, ucciso nel 2016 da un agente durante un inseguimento.
Il “Sistema Pavia”
La Procura di Brescia continua a indagare sul cosiddetto “Sistema Pavia”, un presunto intreccio di favoritismi e condotte improprie che avrebbe coinvolto l’ufficio giudiziario pavese negli anni in cui Mario Venditti era procuratore aggiunto (in sostanza il vice del Procuratore capo Augusto Cioppa).
Venditti è oggi indagato per corruzione, con l’accusa di aver ricevuto denaro da Giuseppe e Daniela Sempio per agevolare l’archiviazione del figlio Andrea, indagato nel caso della morte di Chiara Poggi, uccisa a Garlasco nel 2007.
Oltre a lui, i magistrati bresciani hanno disposto accertamenti anche sui conti del giudice Fabio Lambertucci, allora GIP, che nel 2017 firmò proprio l’archiviazione per Sempio. Si vuole verificare se sia stato beneficiario di trasferimenti sospetti di denaro proprio in merito al delitto di Garlasco e alla presunta corruzione che avrebbe permesso a Sempio di uscire dalle indagini.
Riaperti i fascicoli del passato
L’inchiesta potrebbe avere effetti a catena. Come riporta la Repubblica, gli avvocati Debora Piazza e Marco Romagnoli (noti per la loro attività nei casi Ramy Elgmal e Massimo Adriatici) hanno chiesto di riaprire un fascicolo del 2016, riguardante la morte di Soufiane Ech Chafiy, 20enne di Vigevano ucciso durante un inseguimento con la Polizia. Quel procedimento era stato archiviato proprio da Lambertucci, oggi al centro delle verifiche della Procura bresciana.
Il caso Soufiane
La notte del 24 marzo 2016, Soufiane viaggiava su una BMW insieme a due amici. Dopo aver tentato di sfuggire a una pattuglia, la fuga si concluse in tragedia. Secondo il rapporto degli agenti, il giovane avrebbe sparato contro la Polizia, che avrebbe reagito al fuoco, esplodendo quattro colpi: due agli pneumatici, uno al bagagliaio e uno, mortale, alla schiena di Soufiane.
Ma un dettaglio cruciale mina la versione ufficiale: l’arma dei fuggitivi non è mai stata trovata. Lo stesso giudice Lambertucci scrisse che “è assolutamente da escludere” che Soufiane impugnasse un oggetto scambiabile per un’arma, e che quindi potesse indurre il poliziotto a sparare, un gesto che il gip ha definito “suicida”. Nonostante ciò, il caso fu archiviato il 22 dicembre 2016, con la motivazione che “non è ipotizzabile una condanna per eccesso colposo”, pur riconoscendo che la vittima fosse disarmata e colpita alle spalle.
Riaprire le indagini
Oggi gli avvocati Romagnoli e Piazza chiedono al procuratore capo Fabio Napoleone di riaprire le indagini per omicidio volontario, sostenendo che la verità non sia mai stata chiarita. Tra i punti ancora oscuri figurano la mancata individuazione dell’arma, l’attendibilità del testimone chiave e la demolizione della BMW coinvolta nei fatti, che avrebbe potuto fornire prove decisive.
La riapertura di questo fascicolo non avrebbe solo un valore simbolico: potrebbe aprire la strada a un riesame di altri casi risalenti agli anni del cosiddetto “Sistema Pavia”. Una prospettiva che, se confermata, rischia di mettere in discussione non solo singole decisioni giudiziarie, ma l’intera credibilità della giustizia pavese nel periodo in cui Mario Venditti era ai vertici.
