Pane fresco o conservato? Da oggi lo sapremo dall’etichetta

Ma il mondo artigiano dei panificatori resta perplesso per l'assenza dell'obbligo di tracciabilità.

Pane fresco o conservato? Da oggi lo sapremo dall’etichetta
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Pane fresco o conservato? Da oggi lo sapremo dall’etichetta. Ma il mondo artigiano dei panificatori resta perplesso per l’assenza dell’obbligo di tracciabilità.

Pane fresco o conservato? Da oggi lo sapremo dall’etichetta

Soddisfazione dal mondo artigiano dei panificatori per l’entrata in vigore a partire da oggi, mercoledì 19 dicembre, del decreto che disciplina i panifici, il pane fresco e il pane conservato.

Insomma, per Natale tutti i consumatori avranno in tavola la certezza di un pane fresco o di uno conservato e scongelato.

Resta qualche perplessità

Il “Regolamento recante disciplina della denominazione di panificio, di pane fresco e dell’adozione delle dicitura pane conservato” però non dissipa tutte le perplessità degli artigiani panificatori, che da decenni si battono per consentire ai consumatori di fare scelte consapevoli quando acquistano un prodotto genuino e fresco come quello da loro proposto rispetto al pane confezionato che si trova nelle grandi catene commerciali, lasciando in vita ancora una possibile opacità nelle descrizioni.

“Apprezziamo – spiega Stefano Fugazza, presidente dell’Unione Artigiani di Milano e panificatore – il regolamento che favorisce la scelta consapevole del consumatore. Purtroppo però il decreto non fissa le espressioni ammesse, lasciando ampia discrezionalità ai produttori per descrivere quali processi di conservazione abbiano adottato.”

“Inoltre – prosegue Fugazza – è del tutto assente l’ obbligo di indicare in etichetta il Paese di provenienza del semilavorato. Una mancanza enorme, che di fatto impedisce la tracciabilità non consentendo di risalire all’origine di molto del pane che quotidianamente la gente acquista. Basti pensare ai prodotti da forno realizzati nei Paesi dell’Est europeo, con norme meno stringenti rispetto alle nostre riguardo ad additivi e conservanti, e inviati da noi come semilavorati che poi vengono scongelati e cotti prima di essere messi in commercio.”

“Bene invece la distinzione che consentirà di avere chiaro il concetto di “panificio” – conclude Fugazza -. Sarà esplicita nella definizione che si tratti di una impresa che dispone di impianti di produzione di pane ed eventualmente altri prodotti da forno e assimilati o affini e che svolge l’intero ciclo di produzione, dalla lavorazione delle materie prime fino alla cottura finale.”

In Lombardia sono 4mila le imprese del settore

Secondo una analisi dell’ufficio studi Unione Artigiani di Milano e Monza-Brianza, su dati forniti dalla Camera di commercio di Milano, Monza-Brianza e Lodi, sono quasi 4mila le imprese del settore in Lombardia su un totale di circa 30mila in Italia. Il comparto risulta abbastanza stabile, registrando un calo del 2% in cinque anni. Sono 16 mila gli addetti occupati nella nostra regione su quasi 120 mila in Italia.

I dati

Gli artigiani panificatori sono 2576 in Lombardia su un totale di 23 mila in Italia, pari al 67% delle imprese regionali. Gli artigiani pesano il 54% solo a Milano, con ben 737 panifici artigianali su 1378, con una crescita pari al +5% negli ultimi cinque anni. I giovani sono l’8% in regione e il 10% a Milano. Picco di stranieri a Milano: il 17,6% rispetto al 10% regionale e al 5% italiano. A Milano i titolari di origine straniera di panifici sono 243 sui 1525 in tutta Italia. Le donne sono il 26% a Milano, in linea col dato nazionale del 27%.

Ecco i dati suddivisi per provincia

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