Le motivazioni della sentenza

Ossessione, gelosia e rancore. Così il pavese Cesaris ha ucciso il docente Angeletti a Tarquinia

L'omicidio compiuto dall'ex dipendente dell'Università di Pavia, oggi 70enne, per il quale è stato condannato a 25 anni e 2 mesi

Ossessione, gelosia e rancore. Così il pavese Cesaris ha ucciso il docente Angeletti a Tarquinia
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A poco meno di due anni dall'omicidio di Dario Angeletti, docente dell'Università della Tuscia freddato con due colpi di pistola nel parcheggio delle Saline a Tarquinia (Viterbo), sono state rese note le motivazioni della sentenza di primo grado dei giudici della Corte d’Assise di Roma che il 10 maggio scorso hanno condannato Claudio Cesaris, 70enne di Pavia, a scontare una pena di 25 anni e 2 mesi di reclusione:

"Cesaris ha ucciso Angeletti - si legge nelle motivazioni della sentenza - per gelosia, ossessione e rancore verso la ricercatrice di cui si era invaghito e che, dall'Università di Pavia, aveva seguito fino alla Tuscia per non perderla di vista".

Il giorno dell'omicidio di Tarquinia

Prima di entrare nei dettagli delle motivazioni dei giudici della Corte d'Assise, torniamo con la memoria allo scorso 7 dicembre 2021. Nel pomeriggio di quel martedì, infatti, Dario Angeletti, 51enne biologo marino e professore dell'Università della Tuscia, è stato trovato senza vita nella sua automobile al parcheggio delle Saline a Tarquinia, in provincia di Viterbo (Lazio).

Dario Angeletti

A ritrovare il corpo del professore riverso nella sua vettura è stato un passante che subito ha allertato le autorità. Il 51enne è stato ucciso con due colpi di pistola sparati alla tempia da breve distanza.

Il fermo di Claudio Cesaris e la pista passionale

Immediatamente sono partite le indagini al fine di risalire all'identità del killer. Ma ecco che proprio pochi giorni dopo il ritrovamento della vittima, le forze dell'Ordine hanno fermato un sospettato: le manette sono scattate appunto per Claudio Cesaris, all'epoca 68enne, originario di Pavia e con un lungo passato lavorativo all'Università della nostra città come consulente dell’amministrazione provinciale.

Per Cesaris, la cui automobile è stata ripresa dalle telecamere nella zona in cui è avvenuto l'omicidio, è stato convalidato il fermo convalidato dal Gip del tribunale di Civitavecchia dopo che quest'ultimo ha confessato l'assassinio di Dario Angeletti. Gli inquirenti che si sono occupati del caso fin dall'inizio hanno seguito la pista passionale quale movente dell'efferato delitto.

Stando a quanto ricostruito, Claudio Cesaris aveva avuto in passato una relazione con una ricercatrice dell'Università di Pavia, all'epoca 39enne, che però si era interrotta. La donna, quindi, aveva deciso di trasferirsi nell'Ateneo universitario della Tuscia. Il 68enne, tuttavia, avrebbe lasciato il suo lavoro a Pavia per non perderla di vista.

Ma da quando la ricercatrice ha iniziato ad avere rapporti con il docente Angeletti (a cui avrebbe ammesso di temere Cesaris e i suoi comportamenti quasi ossessivi), il 68enne avrebbe cominciato a covare un forte odio nei suoi confronti, al punto tale da arrivare persino a freddarlo con due colpi di pistola.

Condannato a 25 anni e 2 mesi: le motivazioni della sentenza

Lo scorso 10 maggio 2023, Claudio Cesaris, oggi 70enne con un’ex moglie e una figlia a Pavia, è stato condannato a 25 anni e 2 mesi di reclusione per l'omicidio di Dario Angeletti. Messo in carcere a Rebibbia, da alcune settimane è stato trasferito ai domiciliari a causa di alcuni problemi di salute.

I giudici della Corte d'Assise di Roma, secondo cui l'assassinio è premeditato e aggravato da futili motivi, hanno esplicitato in 90 pagine le motivazioni della sentenza di primo grado.

Secondo i magistrati il movente che ha spinto Cesaris a compiere l'omicidio è da ricercare nel fatto di non aver accettato la fine della relazione sentimentale e la gelosia verso la ricercatrice, a lungo covata e cresciuta con forme ossessive di controllo della sua vita, sono andati di pari asso al rancore e alla rabbia verso ogni possibile ostacolo alla ripresa della relazione.

"L’ignaro professore - si legge nella sentenza - questo rappresentava nell’insana ossessione di Cesaris, che per questo ha meticolosamente e con calma pianificato la sua eliminazione".

I giudici, poi, aggiungono che con la ricercatrice di cui si è invaghito "si continuava ad approcciare alternando momenti di cedimento e quasi di supplica perché rivedesse la sua decisione e riprendesse la relazione, a momenti di rabbia e rancore verso colui che riteneva responsabile della sua chiusura".

Per quanto riguarda la premeditazione, i magistrati la ribadiscono per diversi aspetti: la causale dell’omicidio; la lucida scelta del tempo, del luogo e dei mezzi dell'esecuzione; la predisposizione dell’arma; l’aver adottato tutte le cautele per evitare di essere individuato; le concrete modalità dell’azione omicidiaria con il pedinamento del professore; la condotta tenuta subito dopo la commissione del delitto ossia nell'aver ripulito le tracce.

L’unico delitto per cui Claudio Cesaris è stato assolto è lo stalking nei confronti della ricercatrice:

"Le condotte di Cesaris, moleste e talvolta offensive, non sono mai state minacciose".

Gli avvocati difensori dell’imputato, in questi giorni, hanno presentato appello alla sentenza di primo grado.

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