'Ndrangheta radicata nel Pavese: 13 arresti all'alba
Le accuse vanno dall’associazione a delinquere finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti alla detenzione e porto di armi da sparo fino a episodi di estorsione perpetrati in Lombardia con l’aggravante del metodo mafioso.
All'alba di questa mattina la Guardia di Finanza di Pavia ha iniziato ad eseguire 13 ordinanze di misure cautelari nei confronti di 13 persone legate al mondo della 'ndrangheta calabrese e da tempo radicate in Lombardia, proprio tra le province di Milano e Pavia.
Guardia di Finanza di Pavia in azione
E' iniziata alle prime luce dell'alba di questa mattina, 10 gennaio 2022, l'operazione della Guardia di finanza pavese, coadiuvata dallo Scico (Servizio centrale investigazione criminalità organizzata) di Roma supportata dai reparti di Lombardia, Piemonte e Calabria, volta all'esecuzione di 13 misure cautelari su volere del gip di Milano.
A finire in manette sono 13 persone ritenute avere rapporti contigui con alcune storiche famiglie della 'ndrangheta calabrese di Platì (Reggio Calabria) che da tempo sono stanziali in Lombardia, residenti principalmente proprio tra le province di Pavia e Milano e dislocati anche in quella di Monza e Brianza e nel Torinese, in Piemonte.
Le ipotesi investigative contestate agli arrestati dalla Procura Distrettuale Antimafia milanese vanno, a vario titolo, dall’associazione a delinquere finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti alla detenzione e porto di armi da sparo fino a episodi di estorsione perpetrati in Lombardia con l’aggravante del metodo mafioso.
Inchiesta iniziata due anni e mezzo fa
Gli arresti di questa mattina sono il culmine di un'inchiesta iniziata oltre due anni e mezzo fa, nella primavera del 2019, quando la pandemia non era neanche lontanamente una preoccupazione.
Dal 2019 la Procura distrettuale antimafia di Milano ha iniziato a tenere sotto controllo le condotte tipicamente mafiose degli indagati. Al centro dei loro affari illeciti si è scoperto esserci un giro di droga che veniva piazzata nei mercati di Lombardia, Piemonte, Liguria e Toscana.
Implicate diverse congiunte degli indagati
Non sarebbero risultate estranee a queste ultime dinamiche criminali alcune figure femminili, congiunte dei principali indagati, che pur svolgendo una funzione servente o secondaria, hanno comunque dato un contributo reale ed effettivo per la commissione dei reati.
Infatti, in più occasioni, è stato rilevato il loro supporto durante le operazioni di prelievo, consegna e confezionamento dello stupefacente nonché durante le operazioni di conteggio dei proventi illeciti incassati. Per una di loro, come per altri due fiancheggiatori del sodalizio, il GIP del Tribunale di Milano ha disposto la misura dell’obbligo di presentazione avanti alla P.G. e per un quarto la misura cautelare dell’obbligo di dimora nel territorio del comune di residenza.
Il clan, per supportare le proprie capacità operative, per perpetrare le estorsioni ed il traffico di droga o anche per fronteggiare qualsiasi tipo di minaccia proveniente dall’esterno del sodalizio, aveva la disponibilità di armi automatiche, come i noti mitragliatori Kalashnikov, che venivano fornita da un'altra cellula calabrese collegata.
Utilizzavano società fittizie per coprire i propri traffici
Per rendere difficile l’individuazione dei proventi delle attività delittuose così da poter sfuggire ad una eventuale aggressione patrimoniale da parte dello Stato, il sodalizio criminale avrebbe utilizzato società di servizi ed imprese edili, costituite ad hoc, ma di fatto inattive, che tramite l’emissione di fatture false avrebbero potuto occultare i proventi illeciti sfruttando anche la complicità di almeno un professionista per presentare bilanci e dichiarazione dei redditi opportunamente “adattati”.