L'incendio nel 2017

Diedero fuoco ai rifiuti illeciti perché la discarica "scoppiava": tre arresti per il maxi rogo alla Eredi Bertè di Mortara

Disposti inoltre sequestri per oltre 2 milioni di euro. 

Diedero fuoco ai rifiuti illeciti perché la discarica "scoppiava": tre arresti per il maxi rogo alla Eredi Bertè di Mortara
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Operazione "Fenice": arrestati tre soggetti e disposti sequestri per oltre due milioni di euro per il maxi rogo alla Eredi Bertè di Mortara.

Maxi rogo alla Eredi Bertè di Mortara: tre persone arrestate

Nelle prime ore di questa mattina, giovedì 7 ottobre 2021, i militari della Guardia di Finanza e dei Carabinieri Forestali di Pavia, unitamente agli appartenenti alla Sezione di P.G. della Procura di Pavia, hanno arrestato 3 soggetti ritenuti responsabili a vario titolo dei reati di traffico illecito di rifiuti, incendio doloso, utilizzo ed emissione di fatture false, bancarotta fraudolenta, riciclaggio ed autoriciclaggio.

Sequestri per 2 milioni di euro

Oltre agli arresti, sono stati sequestrati più di 1,8 milioni di euro (tra cui disponibilità finanziarie, fabbricati, terreni ed autoveicoli) frutto dell’ingiusto profitto ottenuto attraverso il mancato pagamento delle spese di recupero e/o di smaltimento dei rifiuti ed il mancato versamento del “Tributo speciale regionale” (Cosiddetta Ecotassa).

Indagini iniziate nel 2017

I provvedimenti cautelari sono stati disposti a conclusione di complesse indagini, avviate nel 2017, a seguito di un incendio presso la società Eredi Bertè Antonino di Mortara che hanno permesso di accertare innumerevoli illeciti, anche di natura ambientale, nonché la causazione dell’incendio dei rifiuti stoccati nell’impianto di trattamento gestito dalla medesima.

Nell’immediatezza dell’evento incendiario è intervenuta anche ARPA Lombardia, che si è attivata per monitorare le ripercussioni dell’incendio sull’ambiente ed il connesso pericolo per la salute pubblica, dando avvio ai primi accertamenti utili a quantificare e a caratterizzare l’enorme mole di rifiuti presenti presso l’impianto.

Traffico illecito di rifiuti

Le ulteriori investigazioni, coordinate dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Milano – Sostituti Procuratori dott.sa Bonardi e dott. Mazza (della Procura della Repubblica di Pavia ed applicato in DDA) ed eseguite anche attraverso mirate indagini finanziarie, intercettazioni telefoniche ed ambientali, hanno fatto emergere un sistema criminale volto alla massimizzazione degli indebiti profitti conseguiti attraverso il traffico illecito di rifiuti.

In particolare, due degli arrestati (V.B. cl. ’67 e A.C.B. cl. ’67) entrambi gestori dell’impianto di smaltimento, dopo aver ammassato indistintamente quintali di rifiuti pericolosi e non (tra i quali anche rifiuti speciali pericolosi costituiti da lastre di eternit), non provvedevano all’esecuzione di alcuna operazione di trattamento o recupero incamerando così ingenti guadagni quantificati in circa 2 milioni di euro.

Ripulire l'azienda

Una volta accortisi che la gestione dell’impianto era divenuta insostenibile a causa dell’enorme quantità di rifiuti stoccati, i due criminali hanno deciso coscientemente di dar fuoco al piazzale al solo scopo di ripulire, a costo zero, l’intera azienda di smaltimento, noncuranti dell’enorme danno per la salute della collettività.

Oltre al traffico illecito che ha comportato la saturazione dell’impianto di Mortara, dalle intercettazioni telefoniche ed ambientali è emerso inoltre la volontà degli arrestati di avviare nuovi traffici illeciti allo scopo di smaltire proprio i rifiuti interessati dall’incendio del 2017 verso destinazioni estere, rigenerando le attività delittuose dalle ceneri dell’evento incendiario.

Il fallimento della società

A seguito del vasto incendio doloso, la società Eredi Bertè Antonino che gestiva l’impianto di recupero rifiuti unitamente alla Eredi Bertè Ecology, è stata dichiarata fallita e i due citati gestori si sono adoperati al fine di far sparire l’enorme capitale illecitamente accumulato attraverso la creazione di numerose società intestate a meri prestanome.

L’analisi dei conti correnti, la ricostruzione dei flussi finanziari e l’esame di una mole enorme di documenti ha permesso, però, agli investigatori di ricostruire l’articolato sistema truffaldino che, anche attraverso l’emissione e l’utilizzo di fatture false, ha consentito ai criminali di distogliere enormi capitali che sarebbero dovuti servire per pagare i vari creditori commettendo, di fatto, il reato di bancarotta fraudolenta.

Inoltre i due soggetti, unitamente a V.A. cl. ’84, si sono adoperati per riciclare ingenti somme di denaro provento dell’illecito traffico di rifiuti e della bancarotta. Anche in tal caso, l’intero sistema criminale fondato su inesistenti cessioni di capitale e di quote societarie, era finalizzato a distogliere quanto più denaro possibile dalle casse delle varie società a discapito dei contribuenti onesti e dell’Erario.

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L’operazione condotta dalle Fiamme Gialle e dai Carabinieri di Pavia conferma il costante impegno nell’azione di tutela dell’ambiente, della collettività e degli imprenditori onesti, contrastando i gravi danni arrecati al sistema economico nazionale da soggetti che operano sul mercato in modo spregiudicato e criminale, falsando la leale concorrenza e danneggiando altri operatori.

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