Maxi blitz contro la ‘Ndrangheta: tra i 416 indagati anche un vogherese
Imputato per il reato di associazione a delinquere di stampo mafioso.
Questa mattina i carabinieri del R.O.S. e il Comando Provinciale Carabinieri di Vibo Valentia, con il supporto dei Comandi Provinciali, di personale del G.I.S, del 1° Reggimento Paracadutisti Tuscania, del NAS, del TPC, dei quattro Squadroni Eliportati Cacciatori e dell’8° Elinucleo CC hanno dato esecuzione ad una ordinanza di custodia cautelare emessa dal GIP del Tribunale di Catanzaro, su richiesta della locale Procura Distrettuale Antimafia nei confronti di 416 indagati.
In Provincia di Pavia, è stata eseguita un'ordinanza di misura cautelare nei confronti di Papaianni Agostino, nato a Joppolo (VV), classe 1951 e residente a Voghera. Sarebbe imputato per il reato di associazione a delinquere di stampo mafioso. Un altro indagato si trova non lontano dal territorio pavese e precisamente in quello piacentino: si tratta di Fuduli Bruno, nato a Vibo Valentia nel 1961, residente a Fiorenzuola D'Arda e già deceduto.
‘Ndrangheta, scatta il maxi blitz
Tutti i coinvolti nell’operazione “Scott-Rinascita” sono ritenuti responsabili, a vario titolo, di associazione di tipo mafioso, omicidio, estorsione, usura, fittizia intestazione di beni, riciclaggio, detenzione di armi, traffico di stupefacenti, truffe, turbativa d’asta, traffico di influenze e corruzione. Dei 334 indagati sottoposti alla misura cautelare, 260 sono stati ristretti in carcere, 70 agli arresti domiciliari e 4 sottoposti al divieto di dimora. I provvedimenti cautelari sono stati eseguiti in Calabria e in varie province della Lombardia, Piemonte, Veneto, Liguria, Emilia Romagna, Toscana, Lazio, Sicilia, Puglia, Campania, Basilicata, nonché in Svizzera, Germania e Bulgaria. Nella stessa giornata si è data esecuzione anche a un decreto di sequestro preventivo di beni mobili e immobili per un valore complessivo di circa 15 milioni di euro.
Le indagini
I provvedimenti scaturiscono da un’articolata attività investigativa condotta dal Raggruppamento e dal Comando Provinciale di Vibo Valentia in direzione del contesto ‘ndranghetistico vibonese, con il coordinamento della Direzione Distrettuale Antimafia di Catanzaro.
Le indagini hanno consentito di ricostruire con completezza gli assetti di tutte le strutture di ‘ndrangheta dell’area vibonese e fornito un’ulteriore conferma dell’unitarietà della ‘ndrangheta, al cui interno le strutture territoriali (locali/ ‘ndrine) godono di un’ampia autonomia operativa, seppur nella comunanza delle regole e nel riconoscimento dell’autorità del Crimine di Polsi. E’ stata documentata l’esistenza di strutture quali società, locali e ‘ndrine, in grado di controllare il territorio di riferimento e di gestirvi capillarmente ogni attività lecita o illecita; lo sviluppo di dialettiche inerenti alle regole associative, nello specifico, sulla legittimità della concessione di doti ad affiliati detenuti e sui connessi adempimenti formali; l’utilizzo di tradizionali ritualità per l’affiliazione e per il conferimento delle doti della società maggiore, attestato dal sequestro di alcuni pizzini riportanti le copiate e l’operatività di una struttura provinciale – il crimine della provincia di Vibo Valentia – con compiti di coordinamento delle articolazioni territoriali e di collegamento con la provincia di Reggio Calabria e il crimine di Polsi, quale vertice assoluto della ‘ndrangheta unitaria.
A capo della citata struttura si sono alternati, negli anni, esponenti della cosca Mancuso, quali Giuseppe Mancuso (classe 1949), Pantaleone Mancuso (classe 1961) e, da ultimo, Luigi Mancuso (classe 1954), che proprio in tale ruolo di vertice ha governato gli assetti mafiosi della provincia, riuscendo anche a ricomporre le fibrillazioni registrate negli anni tra le varie consorterie.