Due imprenditori della provincia di Cuneo hanno presentato alla Procura di Brescia un nuovo esposto in cui chiedono di indagare su presunte pressioni subite durante una vecchia inchiesta.
I fatti risalgono al 2021, quando entrambi erano indagati insieme ad altre dodici persone per presunta truffa legata ai contributi statali destinati alla centrale a biomasse di Olevano di Lomellina, nel Pavese.
Dopo un lungo percorso giudiziario, tutti gli imputati sono stati assolti, ma gli imprenditori sostengono che, durante le indagini, avrebbero subito comportamenti irregolari da parte della Guardia di Finanza.
Le presunte pressioni durante l’interrogatorio
Secondo quanto riportato nell’esposto, quattro militari della Guardia di Finanza, nel corso di un interrogatorio avvenuto il 28 aprile 2021, avrebbero esercitato forti pressioni affinché i due imprenditori fornissero dichiarazioni autoaccusatorie o accusatorie verso gli altri indagati.
Gli imprenditori affermano che i finanzieri avrebbero lasciato intendere che una collaborazione avrebbe portato benefici nei successivi sviluppi processuali, mentre un rifiuto avrebbe potuto peggiorare la loro situazione.
Nell’esposto è stata allegata la registrazione del colloquio, nella quale i militari avrebbero fatto riferimento diretto al pubblico ministero Paolo Mazza, allora coordinatore dell’inchiesta, come colui che avrebbe “valutato molto positivamente” eventuali ammissioni.
L’inchiesta Biolevano e l’assoluzione generale
All’epoca dei fatti, la Procura di Pavia indagava sulla centrale a biomasse Biolevano, accusata di aver percepito contributi dal Gestore dei Servizi Energetici senza rispettare la cosiddetta “filiera corta”, che impone l’utilizzo di legname proveniente da un raggio massimo di 70 chilometri.
Fra i quattordici imputati figuravano anche i due imprenditori cuneesi, accusati di aver fornito materiale alla centrale. Il procedimento, seguito dal pm Mazza, si concluse con l’assoluzione totale di tutti gli imputati, confermando l’insussistenza delle accuse.
Un caso già denunciato e poi archiviato
Già nel 2021 i due imprenditori avevano segnalato il comportamento dei quattro militari alla Procura di Cuneo, che aveva aperto un fascicolo per tentata concussione e falso. L’indagine, però, non portò a sviluppi: il caso fu archiviato.
Oggi, però, gli stessi elementi vengono rimessi all’attenzione della Procura di Brescia, che da tempo conduce le indagini denominate Clean 1, Clean 2 e Clean 3, tutte collegate al presunto “sistema Pavia”.
Che cosa si intende per “sistema Pavia”
Il termine “sistema Pavia” viene utilizzato per indicare un presunto insieme di pratiche distorte attribuite ad alcuni magistrati e ad apparati investigativi attivi nella Procura di Pavia negli anni recenti.
Si parla di un possibile metodo di gestione delle indagini poco trasparente: pressioni sugli indagati, rapporti non limpidi tra pm e forze di polizia giudiziaria, una conduzione delle inchieste ritenuta in alcuni casi troppo orientata a ottenere risultati o confessioni. A finire nel mirino, anche la gestione della indagini relative all’omicidio di Chiara Poggi.

È importante ricordare che si tratta di ipotesi ancora al vaglio della magistratura; tuttavia, il numero crescente di esposti e testimonianze ha alimentato un dibattito nazionale sulla necessità di garantire maggiore controllo, trasparenza e autonomia nelle fasi investigative.
Il caso dei due imprenditori cuneesi, al di là dell’esito processuale, si inserisce in questo contesto più ampio e contribuisce ad alimentare la richiesta, sempre più forte, di indagini chiare e indipendenti per ristabilire piena fiducia nella magistratura pavese.