Aspettando il movente, forse la vera svolta in questa nuova inchiesta sul delitto di Garlasco… cerchiamo di capirci qualcosa in più sulla perizia della genetista consulente dalla Procura (l’esperta della Polizia Scientifica Denise Albani) che ha stabilito una comparabilità fra le tracce sulle unghie di Chiara Poggi e l’indagato Andrea Sempio.
La perizia della genetista Denise Albani

Nella relazione di 94 pagine si parla di una corrispondenza “moderatamente forte” e tra “forte e moderato”.
E qui è già insita una critica implicita al lavoro svolto per primo nel 2014 dal luminare Francesco De Stefano, perché l’incertezza nel giudizio è data da una mancata quantificazione del DNA e soprattutto dall’utilizzo di diversi volumi di eluato per le tre sessioni di tipizzazione da parte dell’allora perito della corte d’Appello. Insomma un lavoro tutt’altro che impeccabile…
In ogni caso, sulle tracce Y428 – MDX5 (foto di copertina) va “da moderatamente forte a forte” l’ipotesi che Sempio (e tutti i soggetti imparentati con lui per via patrilineare) abbia contribuito.
Moderato invece il giudizio per il campione Y429 – MSX1.
L’esperta non ha fatto nuove analisi, ha rianalizzato i “dati grezzi” usciti dal sequenziatore del DNA nel 2014, arrivando alla stessa conclusione del consulente della difesa di Alberto Stasi, Pasquale Linarello.

E qui c’è una prima smentita, rispetto a uno scoop di qualche settimana fa da “Ore 14 di Sera” su Rai Due. La trasmissione condotta da Milo Infante aveva raccontato che nel 2007 durante l’autopsia le unghie della povera Chiara finirono confusamente in due contenitori, uno per la mano destra e uno per la sinistra. I Ris cercarono poi di stabilire in quel mucchio a quale dito appartenesse ogni unghia. L’unghia del mignolo della mano sinistra andò addirittura persa, quella del mignolo della destra (la “MDX5”) invece – secondo la ricostruzione del programma – venne giudicata deteriorata e poco significativa, venne messa da parte, mentre tutte le altre vennero sciolte insieme per cercare di estrarre del DNA. Quando sette anni dopo le indagini vennero riaperte, “MDX5” rispuntò come “pistola fumante“, per – sosteneva “Ore 14 di Sera” nel servizio – posizione e quantitativo di materiale organico: sotto quell’unghia ce n’era e tanto, e stava sotto, proprio come se Chiara si fosse difesa dal suo aggressore.
E invece no. Nessuna prova che Chiara Poggi si sia difesa.
Lo dice la Albani nelle quattro conclusioni sintetiche della sua perizia.
La genetista tiene a precisare che gli aplotipi misti parziali analizzati non possono stabilire con rigore scientifico:
- se provengano da fonti del Dna depositate sotto o sopra le unghie della vittima e, nell’ambito della stessa mano, da quale dito provengano;
- quali siano state le modalità di deposizione del materiale biologico originario;
- perché ciò si sia verificato (per contaminazione, per trasferimento avventizio diretto o mediato);
- quando sia avvenuta la deposizione del materiale biologico.
Secondo i consulenti della difesa di Sempio, la genetista Marina Baldi e il criminologo Armando Palmegiani, si tratta di un campione minimo (sicuramente inferiore alle quantità che normalmente si rilevano in un’aggressione) che deriverebbe da un oggetto toccato dalla vittima e in precedenza da Sempio, ipotizzando il telecomando della tv collegata alla Playstation (quella mattina trovata accesa) o i residui di uno starnuto rimasti sul pavimento sul quale è poi stato trascinato il corpo della vittima.
La Procura resta convinta che sia impossibile che sulle unghie della vittima ci siano tracce del solo Sempio e non quelle del fidanzato Alberto Stasi, o ancora di tutti gli altri membri della famiglia Poggi abitanti in quella casa. Avendo Sempio frequentato la casa almeno due settimane prima del delitto, sarebbe stato un caso davvero fortuito incappare in quel materiale genetico: teoricamente possibile, ma difficile. Anche perché c’è una sola via per gli investigatori perché sia rimasto solo DNA di Sempio, in una casa piena di tracce biologiche famigliari: che Chiara si sia per qualche motivo lavata le mani poco prima di incontrare il suo assassino. E a quel punto due le ipotesi: che poi abbia incontrato il DNA di Sempio o perché è lui il vero assassino o perché ha toccato proprio un oggetto specifico che Sempio aveva toccato settimane prima.
Dicevamo all’inizio, aspettando il movente… Se davvero gli inquirenti sono convinti d’aver individuato un movente (suffragato da “plurimi” indizi), questa sarebbe la svolta più clamorosa – ben oltre l’impronta palmare 33, il discusso scontrino e la possibile corruzione dei magistrati – dopo 18 anni da un delitto per il quale un perché non è mai stato trovato, neppure a carico del condannato Alberto Stasi (in carcere da ormai dieci anni, gliene mancano ancora sei da scontare), in carcere per un solido quadro indiziario, ma senza una chiara motivazione.
In sostanza, diventa ancor più cruciale quanto avverrà nella decisiva udienza dell’incidente probatorio del prossimo 18 dicembre 2025.