Il Tribunale del Riesame di Brescia ha annullato il sequestro dei dispositivi informatici dell’ex procuratore aggiunto di Pavia, Mario Venditti, indagato per presunta corruzione in atti giudiziari legata al caso Garlasco. Accolto il ricorso della difesa, che denunciava l’assenza di gravi indizi e l’illegittimità della perquisizione.
Annullato decreto di sequestro
Il Tribunale del Riesame di Brescia ha accolto il ricorso presentato dall’avvocato Domenico Aiello, legale dell’ex procuratore aggiunto di Pavia Mario Venditti, disponendo l’annullamento del decreto di perquisizione e del sequestro scattato il 26 settembre scorso. La decisione comporta la restituzione immediata dei dispositivi informatici sottratti all’ex magistrato nel corso dell’indagine.
Inchiesta sulla presunta corruzione
Venditti è indagato per corruzione in atti giudiziari. L’accusa sostiene che, nel 2017, avrebbe favorito l’archiviazione di Andrea Sempio, oggi nuovamente indagato per l’omicidio in concorso di Chiara Poggi, uccisa a Garlasco nel 2007. Secondo la Procura di Pavia, l’ex magistrato avrebbe ricevuto una somma compresa tra 20 e 30mila euro per agevolare la chiusura del fascicolo.
Durante la perquisizione erano stati sequestrati un telefono cellulare, tre vecchi computer e due hard disk appartenenti a Venditti.
Restituiti computer e cellulare
Il collegio del Riesame, presieduto dal giudice Giovanni Pagliuca, ha quindi disposto la restituzione dei beni confiscati: il telefono cellulare, due hard disk, due chiavette USB, due iPad, un computer della Procura di Pavia e un PC del Casinò di Campione d’Italia, di cui Venditti era stato presidente.
Le motivazioni
Il Tribunale ha condiviso la linea difensiva dell’avvocato Aiello, secondo cui mancavano i “gravi indizi di colpevolezza” necessari per sostenere l’ipotesi di corruzione, oltre che l’urgenza di una perquisizione. Nel ricorso si sottolineava anche l’assenza di criteri oggettivi per ritenere che negli apparati di Venditti potessero trovarsi prove di un reato risalente al 2017.
Secondo Aiello, il decreto firmato dal procuratore di Brescia Francesco Prete e dalla pm Claudia Moregola costituiva “un’attività esplorativa e arbitraria” che avrebbe violato la privacy dell’ex magistrato.