NUOVO COLPO DI SCENA

Garlasco, il DNA sulle unghie di Chiara Poggi è valido: sarà inserito nell’incidente probatorio

A comunicarlo il genetista Marzio Capra, venerdì, all’uscita dal Tribunale di Pavia: l’analisi affidata a Denise Albani

Garlasco, il DNA sulle unghie di Chiara Poggi è valido: sarà inserito nell’incidente probatorio

Il DNA trovato sulle unghie di Chiara Poggi sarebbe valido e sarà inserito nell’incidente probatorio. La perizia, affidata alla genetista Denise Albani, dovrà stabilire se il profilo possa essere confrontato con quello di Andrea Sempio, ora indagato. I risultati sono attesi entro il 18 dicembre 2025.

Il DNA sulle unghie di Chiara è valido

Una nuova analisi del DNA sulle unghie di Chiara Poggi potrebbe riaprire scenari investigativi sull’omicidio della 26enne, uccisa nella sua abitazione di Garlasco il 13 agosto 2007. All’uscita dal Tribunale di Pavia, il genetista Marzio Capra, consulente storico della famiglia Poggi, ha dichiarato che le tracce rinvenute sotto le unghie della vittima sono “valide” e dunque idonee a un confronto con il profilo biologico di Andrea Sempio, mai effettuato finora.

Secondo i legali di Sempio, l’esame non porterà alcun risultato. Diverso il parere degli inquirenti e della difesa di Alberto Stasi, unico condannato per l’omicidio, che ritengono invece il profilo attribuibile al 37enne ora indagato nella nuova inchiesta.

Le nuove analisi

Il compito di eseguire la nuova analisi spetta alla genetista Denise Albani, che dovrà depositare i risultati entro il 18 dicembre 2025. Se i riscontri saranno ritenuti significativi, potrebbero costituire prova in un eventuale processo che il procuratore aggiunto di Pavia, Stefano Civardi, sarebbe intenzionato a chiedere. La decisione arriva nonostante le opposizioni sollevate sia dalla difesa dell’indagato sia dalla parte offesa.

Già giudicato inutilizzabile

Il DNA sotto le unghie di Chiara Poggi era stato già preso in esame negli anni successivi al delitto, ma sempre giudicato inutilizzabile. Il genetista Francesco De Stefano nel 2014 aveva sottolineato come non vi fosse “possibilità di un’indicazione positiva di identità”, ipotizzando invece un contatto indiretto della vittima con oggetti contaminati.

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