CRONACA

Caso Terre d’Oltrepò: assolti tutti gli imputati. Gli avvocati Brenelli, Angeleri e Roveda: “Nessuna sofisticazione del vino”

“Processo mediatico devastante, ma la giustizia ha fatto il suo corso.” La sentenza del Tribunale di Pavia chiude un’indagine avviata nel 2021

Caso Terre d’Oltrepò: assolti tutti gli imputati. Gli avvocati Brenelli, Angeleri e Roveda:  “Nessuna sofisticazione del vino”

Nella giornata di ieri, mercoledì 17 settembre 2025, si è finalmente chiuso un capitolo importante per il territorio pavese e per la produzione vitivinicola di particolare rilievo per la nostra provincia. Nelle aule del Tribunale di Pavia si è infatti concluso il caso Terre d’Oltrepò, legato alla presunta sofisticazione del vino, accusa poi completamente smentita.

A processo per la contaminazione del vino

La sentenza emessa dal Tribunale ha finalmente messo un punto allo scandalo mediatico che si era abbattuto sul gruppo d’eccellenza dell’intera scena vitivinicola, influenzando non solo la reputazione dell’azienda coinvolta, ma anche la produttività di una delle realtà più significative del nostro territorio.

La richiesta di condanna massima – pari a un anno di reclusione – avanzata dalla Procura è stata respinta dalla giudice Valentina Nevoso, che ha emesso una sentenza di assoluzione per tutti gli imputati coinvolti nel caso.

Si tratta dell’allora presidente della cantina Andrea Giorgi – dimessosi nel gennaio 2022, un anno dopo l’inizio dello scandalo vitivinicolo – degli enologi Andrea Rossi e Alessio Gaiaschi, e dei viticoltori Luca Bellani, Giovanni Maggi e Giovanni Covini.

Le accuse

L’indagine era partita nel 2021, in seguito a un esposto presentato da un laboratorio di analisi, interpellato da un operatore per verificare un lotto di migliaia di bottiglie di spumante Metodo Classico. Nei confronti dei 6 imputati sono state contestate a vario titolo le accuse di frode in commercio e alterazione delle indicazioni geografiche di provenienza.

La sostanza vietata e i sequestri

Le analisi di laboratorio avevano rilevato la presenza di una sostanza adulterante nel vino. Non si tratta di un elemento tossico o nocivo per la salute, ma di un componente vietato dai disciplinari che regolano la composizione dei vini, ovvero la diglicerina ciclica.

Durante l’indagine, erano stati sequestrati 52mila litri di vino rosso – poi dissequestrati – e migliaia di bottiglie di spumante Metodo Classico.

Secondo quanto dichiarato dai legali, si sarebbe trattato di una contaminazione involontaria, estranea al processo produttivo e circoscritta a una quantità limitata di bottiglie, senza alcun impatto sull’intera produzione.

La dichiarazione dell’avvocato Gianmarco Brenelli

A distanza di un giorno dall’assoluzione degli imputati, l’avvocato difensore Gianmarco Brenelli ha rilasciato una breve intervista alla redazione di PrimaPavia.it, esprimendo la soddisfazione per la sentenza e il rammarico per l’influenza negativa che il processo ha avuto sulla produttività del vino.

Ancora una volta il processo penale, nell’ambito del dibattimento, ha mostrato la verità: non c’era alcuna sofisticazione del vino. Si è trattato di un accidente, un intervento esterno che ha inquinato una macchina, coinvolgendo solo poche bottiglie su una produzione di 32 milioni.

L’inchiesta è stata inutilmente enfatizzata sui giornali. Era una questione limitata, che nemmeno i rappresentanti legali della cooperativa conoscevano. La sostanza in questione, la diglicerina, non è nociva. Non corrispondeva ad alcuna condotta penalmente rilevante da parte degli imputati.

Questa enfatizzazione mediatica ha causato un disastro per il territorio: la cooperativa raccoglieva 500mila ettolitri di vino, oggi ne raccoglie 50-60mila. I danni non sono della giustizia, ma dell’uso eccessivo della comunicazione da parte delle procure.

Siamo molto lieti per il presidente, gli enologi e tutti gli imputati. La giustizia è stata fatta, ma deve avvenire nel processo, non durante le indagini.

Il procedimento è partito nel 2021 ed è durato anni. Le procure non dovrebbero fare comunicati stampaviolare il segreto istruttorio, perché questo anticipa il processo nella coscienza dei cittadini e crea danni economici. La cooperativa oggi è commissariata.

L’Oltrepò è l’unico microclima paragonabile allo Champagne. L’amministrazione, il presidente Giorgi, gli enologi e gli altri imputati stavano portando avanti un progetto di qualità eccelsa, con investimenti in macchinari e consulenze. Tutto distrutto per un’indagine su poche bottiglie.

Ci fu un intervento con 90 agenti e elicotteri per una sostanza dichiarata non nociva da tutti i consulenti. Non era stata aggiunta in cantina, ma proveniva da un agente esterno, poi imputato e assolto: si trattava di un errore di dosaggio da una tanica di liquidi.

Utilizzare un dettaglio marginale per distruggere una realtà economica non deve accadere. Le indagini servono a formulare ipotesi, ma il giudizio spetta al processo. E qui si è visto che non c’era nulla di penalmente rilevante.

L’opinione pubblica ha influenzato la realtà economica, non il processo. È un fenomeno sempre più frequente. Forse anche per via del dibattito sulla separazione delle carriere. La magistratura giudicante valuta con attenzione le ipotesi accusatorie.”

Avvocato Gianmarco Brenelli

Gli avvocati Gabriele Roveda e Luca Angeleri

Intervengono anche l’avvocato Gabriele Roveda e Luca Angeleri, che insieme al legale Brenelli condividono lo stesso pensiero: da un lato la soddisfazione per la vittoria in Tribunale, dall’altro il rammarico per la situazione incresciosa che si è generata nel tempo e che ha fortemente penalizzato la produzione.

Di seguito le parole dell’avvocato Angeleri:

Si è concluso finalmente un lungo processo, nato da sequestri presentati in pompa magna qualche anno fa. I miei due assistiti sono due aziende agricole: avevamo chiesto fin da subito alla Procura di Pavia di effettuare le controanalisi, ma non abbiamo mai ricevuto risposta. Le abbiamo quindi fatte eseguire da un laboratorio accreditato, riconosciuto anche in sede di dipartimento come uno dei più autorevoli in Italia. Le analisi hanno confermato che il nostro vino era buono e che la diglicerina non era presente.

Durante il dibattimento è emerso che la diglicerina non è una sostanza soggetta a limiti o divieti specifici. E comunque, nel nostro caso, non era presente. I reati contestati prevedevano la messa in commercio di vino adulterato, ma le cisterne sequestrate si trovavano all’interno delle aziende e non erano mai state distribuite. Se ci fosse stata qualche irregolarità, il vino sarebbe stato smaltito. Quindi sì, possiamo dire che giustizia è stata fatta.

Detto questo, il procedimento – che si sta dimostrando infondato, come dimostrano le assoluzioni – ha sconvolto la storia della cantina Terre d’Oltrepò. Ha colpito i vertici, ha generato una fase di tracollo che si è aggravata nel tempo. I conferitori non venivano pagati, si è innescata una reazione a catena: la cantina non ha vino, non riesce a produrre, non riesce a coprire i costi.

Se questa operazione non fosse stata condotta in modo così sproporzionato, la cantina avrebbe potuto continuare a operare. È una vittoria, sì, ma seguita da tanto rammarico. Perché il vino sequestrato anni fa non è più buono, è da buttare. E la cantina sta attraversando difficoltà enormi, forse anche a causa di questa indagine, che ha inflitto un colpo pesantissimo.

I procedimenti penali si possono chiudere bene, ma lasciano un segno. E quel segno, in una realtà produttiva importante, è profondo. Chi ha subito sequestri di cisterne, di centinaia di ettolitri, ha sicuramente subito un danno.”

Avvocato Luca Angeleri

A seguire le parole dell’avvocato Roveda:

“C’è soddisfazione per l’esito del processo. L’unico rammarico è che questa vicenda ha determinato la crisi della cantina. Tutto l’eco mediatico, seguito dalla perquisizione del marzo 2021, di certo non ha giovato al territorio.

Il processo ha dimostrato come non vi fossero alterazioni, né volontariedannose per la salute. Si è trattato di una minima contaminazione accidentale, ai limiti della rilevabilità strumentale: qualcosa di totalmente irrilevante.

Purtroppo, la genesi della vicenda – legata a una lettera anomala, gestita in modo altrettanto anomalo – ha creato una sorta di autostrada processuale, che per fortuna si è conclusa positivamente.

Nonostante la soddisfazione per l’esito del processo, resta una certa insoddisfazione per quanto riguarda la produttività. Non è probabilmente l’unica causa, ma sicuramente una delle concause, anche perché si è trattato di un danno d’immagine pesantissimo. Il modo in cui sono state comunicate certe informazioni ha avuto un impatto molto negativo.

Chi voleva male alla cantina e ha fatto partire quel procedimento, probabilmente ha raggiunto il suo obiettivo. Quindi sì, c’è del rammarico, nonostante la sentenza favorevole.”

Avvocato Gabriele Roveda