Virus West Nile: studio del San Matteo svela la causa delle forme più gravi
Alla base delle forme più severe della malattia vi sarebbero gli auto-anticorpi antinterferone di tipo 1
Virus West Nile: auto-anticorpi antinterferone di tipo 1 alla base delle forme più gravi della malattia. Sono le conclusioni di uno studio del San Matteo di Pavia.
Virus West Nile: svelata causa forme più gravi
Gli auto-anticorpi antinterferone di tipo 1 sono alla base delle forme più gravi di encefalite da virus West Nile (virus della febbre del Nilo occidentale, WNV): sono le conclusioni cui è giunto un gruppo di ricercatori, a traino San Matteo di Pavia, coordinato dal dottor Alessandro Borghesi, principal investigator dello studio.
I risultati di questa ricerca collaborativa sono stati, recentemente, pubblicati su una delle più prestigiose riviste di settore, Journal of Experimental Medicine.
La scoperta, tutta italiana ed effettuata presso i laboratori di ricerca del Policlinico, è stata confermata con esperimenti effettuati nell’ambito di una consolidata collaborazione tra San Matteo, Institut Imagine di Parigi e Rockefeller University di New York. Allo studio hanno collaborato anche diversi centri di virologia italiana (Bologna, Dr.ssa Giada Rossini; Padova, Dr.ssa Luisa Barzon; Torino, Dr.ssa Valeria Ghisetti) ed esteri (Ungheria e Stati Uniti).
Lo studio
I ricercatori hanno studiato pazienti con encefalite da virus West Nile arruolati nei sei diversi centri, identificando, nel sangue del 40% dei soggetti, auto-anticorpi anti-interferone di tipo 1. Si tratta di auto-anticorpi fondamentali per le risposte immunitarie contro i virus.
I soggetti con auto anticorpi aberranti anti-interferone in eccesso sviluppano forme di malattia più severe. Un risultato già ottenuto in altri studi condotti dai ricercatori, che erano arrivati alle stesse conclusioni anche per altri virus, come il Sars-CoV-2 e l’influenza.
Cos'è il West Nile
Il West Nile è un virus trasmesso dalla puntura di zanzara e, nella maggior parte delle persone che contraggono l’infezione, decorre in forma asintomatica o paucisintomatica.
Tuttavia, una piccola percentuale (meno dell'1%) sviluppa un’infezione molto grave.
“Lo studio conferma, dunque, i risultati di precedenti lavori su questi auto-anticorpi che, neutralizzando gli interferoni di tipo I, sono i principali fattori responsabili del decorso grave di varie malattie virali di rilevanza globale – commenta Alessandro Borghesi, neonatologo del San Matteo e promotore dello studio -.
In generale, i risultati dello studio ampliano lo spettro di suscettibilità a infezioni virali in soggetti portatori di tali auto-anticorpi e dimostrano che il difetto delle risposte immunitarie mediate da interferone-α e interferone-ω rappresenta un meccanismo generale di suscettibilità a malattie infettive virali gravi. La ricerca non si ferma all’attuale pubblicazione.
Rimane da spiegare circa il sessanta per cento dei casi di encefalite da virus West Nile per i quali, ad oggi, non sono noti i meccanismi di suscettibilità. La nostra scoperta indica la strada da seguire per identificare altri meccanismi correlati alle risposte immunitarie mediate dagli interferoni di tipo I, come, ad esempio, cause genetiche”.
“Questi risultati evidenziano l’importanza di studiare, sulla base degli stessi principi, altre malattie infettive virali trasmesse dalle zanzare, quali Dengue, Febbre gialla e Chikungunya – chiosa Francesca Rovida, virologa del San Matteo -. Fortunatamente gli auto-anticorpi anti-interferoni di tipo I non sono molto diffusi nella popolazione generale; la loro prevalenza aumenta con l’aumentare dell’età, specialmente nei maschi oltre i 70 anni.
I risultati dello studio hanno implicazioni mediche importanti. Ad esempio, in zone dove West Nile è endemico è possibile prevedere uno screening per individuare i soggetti a rischio per i quali si possono mettere in atto misure terapeutiche o azioni preventive specifiche come, ad esempio, le vaccinazioni”.
Lo studio porta la firma di Fausto Baldanti, direttore SC Microbiologia e Virologia, e dei suoi collaboratori, Francesca Rovida, Irene Cassaniti, Daniele Lilleri, Chiara Fornara, Josè Camilla Sammartino, Antonio Piralla, Elena Percivalle; Stefano Ghirardello, direttore SC Neonatologia e Terapia intensiva neonatale; Maria Antonietta Avanzini, biologa della SC Oncoematologia pediatrica e Alessandro Borghesi, principal investigator dello studio.