SLA, scoperto il legame tra danni al DNA e neurodegenerazione: uno studio pavese apre nuove speranze di cura
Una ricerca del Cnr di Pavia individua nei difetti della riparazione del DNA un possibile bersaglio per trattamenti innovativi

Un team di ricerca del Cnr di Pavia ha scoperto che nei pazienti affetti da SLA l’accumulo di proteine anomale blocca i meccanismi cellulari di riparazione del DNA, contribuendo alla neurodegenerazione. Lo studio ha testato con successo in vitro una molecola già approvata per altri usi, aprendo nuove prospettive terapeutiche. Il progetto è stato sostenuto da Fondazione AriSLA.
SLA, scoperto il legame tra danni al DNA e neurodegenerazione
Un gruppo di ricercatori dell’Istituto di genetica molecolare “Luigi Luca Cavalli-Sforza” del Consiglio nazionale delle ricerche di Pavia (Cnr-Igm) , in collaborazione con diversi centri italiani, ha scoperto un meccanismo chiave che spiega l’accumulo di danni al DNA nelle cellule dei pazienti affetti da Sclerosi laterale amiotrofica (SLA). La scoperta, pubblicata sulla rivista Cell Death & Differentiation, potrebbe aprire la strada a nuove terapie per una delle malattie neurodegenerative più gravi e ancora prive di cura.
Il nemico è nel DNA
Lo studio ha rivelato che nelle cellule dei malati di SLA si accumulano proteine anomale (FUS e TDP-43) che interferiscono con il processo cellulare noto come "DNA Damage Response", il sistema di allerta e riparazione che normalmente protegge il nostro genoma. In pratica, queste proteine impediscono alla cellula di accorgersi dei danni e di ripararli, causando un accumulo progressivo che porta alla morte cellulare e alla neurodegenerazione.
Una possibile cura
Sofia Francia, ricercatrice del Cnr-Igm e coordinatrice del progetto, spiega:
“Siamo riusciti a identificare i principali attori coinvolti in questo difetto e abbiamo testato in laboratorio una molecola già approvata per altri usi, nota per le sue proprietà antibatteriche e più recentemente anche antitumorali. I risultati sono molto promettenti: questa molecola sembra capace di ripristinare, almeno in parte, la capacità delle cellule di gestire il danno al DNA”.
Il farmaco testato potrebbe essere riposizionato, cioè utilizzato anche nel trattamento della SLA, accorciando i tempi normalmente lunghi per l’introduzione di nuove terapie.
“È un primo passo -sottolinea Francia- ma ci permette di avviare studi più avanzati e valutare concretamente una nuova opzione terapeutica”.
Il progetto è stato finanziato da Fondazione AriSLA e ha coinvolto, oltre al Cnr-Igm di Pavia, anche l’Istituto di farmacologia traslazionale (Cnr-Ift), l’Istituto di biologia e patologia molecolari (Cnr-Ibpm), la Sapienza Università di Roma, l’Università degli studi Tor Vergata, l’Istituto Mondino di Pavia e l’IFOM di Milano.
“Questi risultati dimostrano il valore della ricerca che sosteniamo - ha dichiarato Anna Ambrosini, responsabile scientifico di AriSLA - e confermano l’importanza di continuare a investire in studi valutati con rigore e portati avanti con continuità”.
Una malattia in aumento e ancora senza cura
La Sclerosi laterale amiotrofica (SLA) è una delle patologie neurodegenerative più complesse. Colpisce progressivamente i motoneuroni, portando alla paralisi dei muscoli volontari. Le cause rimangono in gran parte sconosciute, così come mancano trattamenti efficaci. Le diagnosi sono in crescita: si stima che entro il 2040 in Europa i casi aumenteranno del 20%, passando dagli attuali 28.000 a circa 35.000, con un impatto crescente sui sistemi sanitari.