Scoperti nelle zebre nuovi meccanismi molecolari di evoluzione dei cromosomi
Uno studio relativo a una delle principali sfide della biologia molecolare, pubblicato sulla rivista “Molecular Biology and Evolution”
Uno studio del Dipartimento di Biologia e Biotecnologie dell’Università di Pavia scopre nelle zebre nuovi meccanismi molecolari di evoluzione dei cromosomi. Relativo a una delle principali sfide della biologia molecolare è stato pubblicato sulla rivista “Molecular Biology and Evolution”.
Scoperti nelle zebre nuovi meccanismi molecolari di evoluzione dei cromosomi
I centromeri sono regioni cromosomiche essenziali per il mantenimento dell’informazione genetica, sono costituiti da DNA legato a specifiche proteine e controllano la separazione dei cromosomi durante la divisione cellulare. Al contrario di quanto avviene per altri loci, la funzione dei centromeri non è determinata dalla sequenza di DNA, ma da fattori epigenetici. Alterazioni nella funzione dei centromeri sono responsabili dell’insorgenza delle anomalie del numero cromosomico osservate nella maggior parte dei tumori e in diverse malattie genetiche umane, come la sindrome di Down. La posizione dei centromeri varia nel corso dell’evoluzione e il rimodellamento dei cromosomi che ne deriva contribuisce alla comparsa di nuove specie.
La comprensione del funzionamento dei centromeri, della loro trasmissione ed evoluzione costituisce una delle principali sfide per la biologia molecolare dei cromosomi.
Lo studio
Il gruppo di ricerca di Elena Giulotto e Solomon Nergadze del Dipartimento di Biologia e Biotecnologie dell’Università di Pavia ha pubblicato un lavoro sulla prestigiosa rivista “Molecular Biology and Evolution”.
Sono stati studiati i centromeri di due specie di zebra (Equus burchelli ed Equus grevyi) che, insieme agli altri equidi, costituiscono il sistema modello messo a punto alcuni anni fa dallo stesso gruppo. Gli organismi modello sono estremamente importanti per la ricerca perché permettono di studiare, in un contesto semplificato, processi biologici complessi ma conservati in diverse specie. In questo caso, ad esempio, i cromosomi degli equidi sono caratterizzati da centromeri più “semplici” di quelli degli altri mammiferi finora descritti. I centromeri dei mammiferi, compresi quelli della specie umana, sono tipicamente associati a sequenze di DNA altamente ripetuto (DNA satellite) la cui presenza ostacola l’analisi molecolare dettagliata. Al contrario, molti centromeri degli equidi, essendo costituiti da sequenze non ripetute, rappresentano un potente strumento per lo studio dei centromeri.
Il lavoro si è focalizzato sull’identificazione, il sequenziamento e la caratterizzazione dei centromeri privi di DNA satellite nelle due specie di zebra e ha messo in luce nuovi meccanismi per la formazione e l’evoluzione della funzione centromerica.
“In entrambe le specie”- evidenzia Eleonora Cappelletti una delle autrici- “più della metà dei cromosomi presenta un centromero senza DNA satellite. L’assenza di sequenze ripetute nella maggior parte dei centromeri è quindi compatibile con l’integrità del genoma e la sopravvivenza della specie. Questa osservazione mette in discussione le precedenti teorie sul ruolo del DNA satellite ai centromeri.”
Nel lavoro vengono individuati due meccanismi che portano alla formazione di centromeri privi di DNA satellite durante l’evoluzione. Il primo, già descritto dallo stesso gruppo di ricerca in Equus caballus (cavallo domestico) e in Equus asinus (asino domestico), è lo spostamento della funzione epigenetica dei centromeri lungo il cromosoma senza modificazioni della sequenza del DNA.
L’altro meccanismo, descritto per la prima volta in questo lavoro, è la fusione di due centromeri, caratterizzati dalla presenza di DNA satellite e posizionati all’estremità di due cromosomi ancestrali, che porta alla formazione di un nuovo cromosoma con un nuovo centromero privo di DNA satellite. Poiché le fusioni sono ricorrenti nei tumori e in alcune sindromi umane, questa osservazione suggerisce la necessità di approfondire lo studio a livello molecolare di queste fusioni anche nella specie umana.
“Uno dei dati più interessanti emersi dal nostro lavoro” -sottolinea un'altra ricercatrice del gruppo di lavoro, Francesca Piras- “è che alcuni centromeri privi di sequenze satellite sono stati trovati proprio nella regione di fusione, a livello di sequenze che sono derivate dai due centromeri ancestrali, ormai inattivati. Con questa osservazione dimostriamo quindi per la prima volta che la fusione può direttamente dare origine a un centromero privo di sequenze di DNA satellite. Mi piace ricordare che la fusione ha un ruolo importante nella comparsa di nuove specie durante l’evoluzione in quanto porta a una riduzione del numero di cromosomi e di centromeri”.
Il lavoro dimostra che la presenza di DNA satellite non è necessaria né sufficiente per la funzione dei centromeri ma che altre caratteristiche genetiche ed epigenetiche garantiscono la stabilità dei cromosomi.