Ponte delle Barche: dalla costruzione nel 1374 al degrado di oggi
La denuncia sullo stato attuale del ponte galleggiante che unisce Bereguardo alla Lomellina
Ponte delle Barche: la denuncia di un cittadino sullo stato attuale del ponte galleggiante che unisce Bereguardo alla Lomellina.
Ponte delle Barche: dalla costruzione nel 1374 al degrado di oggi
Nel 1374 i Visconti fecero costruire il ponte delle barche per collegare Bereguardo alla Lomellina: terra ricca di cacciagione. Così, anche i trasporti e il commercio furono molto facilitati. Nulla di innovativo, basti pensare che Romani, Persiani e Greci questi ponti galleggianti li avevano già fatti, collegando spazi ben più imponenti. Intorno alla metà del 1400 il ponte fu revisionato dagli Sforza, e il passaggio di carri e pendolari fu ancora più trafficato. Nel 1913, le barche di legno vennero sostituite da chiatte in cemento: segno della indomabile modernità.
Inizia così la mail inviataci da Ernani Natarella e che ci racconta dell'attuale stato del Ponte delle Barche:
Ci sarebbe da esserne orgogliosi stando alla sua storia e bisognerebbe fischiettare la famosa melodia di Malcolm Arnold e Mitch Miller, colonna sonora del film: Il ponte sul fiume Kwai, ogni volta che lo si attraversa. Ma, Ahimè non è così! Un cartello metallico giace a terra tutto accartocciato da anni, come una vela di un veliero che naufraga in un mare rifiuti. Un veliero abbandonato a sé stesso.
Chi attraversa il ponte è pervaso da una sensazione di sfacelo. A nulla valgono gli interventi per ripararlo. Assi divelte e lastre di metallo traballanti (pericolosissime d’inverno) rattoppano questo povero ponte come fossero pillole placebo per un malato terminale.
E poi, ma di questo non hanno colpa i comuni: la siccità ci sta mettendo lo zampino. Sì, perché senz’acqua le chiatte che sorreggono il ponte appoggiano malamente sul letto del fiume tutto sbilenco. All’estero, un posto come questo lo farebbero fruttare come un’attrattiva turistica di livello…
Raimondo Vianello avrebbe detto: “Noi no… noi no… noi: no!”