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Ondate di calore, ma non di consapevolezza: i media italiani ignorano la crisi climatica?

Un'analisi di Greenpeace-Osservatorio Pavia rivela: tre notizie su quattro dimenticano il legame tra caldo estremo e cambiamento climatico. Prevalgono sensazionalismo, adattamento e polarizzazione, a scapito dell’informazione sulle cause e le soluzioni

Ondate di calore, ma non di consapevolezza: i media italiani ignorano la crisi climatica?
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Un’indagine di Greenpeace-Osservatorio Pavia rivela che la maggior parte dei media italiani non collega le ondate di calore alla crisi climatica. TG e quotidiani preferiscono toni sensazionalistici e consigli pratici, ignorando cause e soluzioni strutturali. Anche sui social prevalgono disinformazione e polarizzazione.

(Foto di copertina: Greenpeace)

Quando il caldo non fa notizia... almeno non davvero

Mentre l’Italia soffocava sotto la prima ondata di calore dell’estate, la maggior parte dei principali telegiornali e quotidiani italiani dimenticava di citare la crisi climatica come contesto esplicativo del fenomeno.

È quanto emerge da un’indagine commissionata da Greenpeace Italia all’Osservatorio di Pavia, che ha analizzato la copertura mediatica del caldo estremo tra fine giugno e inizio luglio.

Secondo il rapporto, circa il 75% delle notizie nei TG e nei quotidiani presi in esame ha trascurato di collegare le temperature record al riscaldamento globale, contribuendo a una narrazione frammentaria e spesso sensazionalistica che impedisce una reale comprensione delle cause sistemiche e delle soluzioni necessarie.

TG: più consigli che consapevolezza

Nelle edizioni serali dei telegiornali generalisti di Rai, Mediaset e La7, solo il 23% dei servizi ha citato la crisi climatica. Ma di questi, meno di un terzo ha fatto riferimento diretto alle responsabilità del riscaldamento globale, come le emissioni di gas serra o le attività umane.

Ancora più esigua è l’attenzione alle strategie di contrasto: solo il 7% dei servizi parla di misure di mitigazione (come l’abbandono delle fonti fossili o il ricorso alle rinnovabili), mentre prevalgono indicazioni pratiche e misure di adattamento, riportate nel 63% dei casi. A dominare sono le voci dei cittadini (60%), mentre climatologi, esperti e rappresentanti del mondo del lavoro trovano spazio solo nel 15-16% dei servizi.

Quotidiani: informazione parziale

Non va meglio sulla carta stampata. L’analisi dei cinque principali quotidiani nazionali (Corriere della Sera, Repubblica, Avvenire, Il Sole 24 Ore e La Stampa) mostra che nel 67% degli articoli sull’ondata di calore non si menziona affatto il cambiamento climatico. Anche quando la crisi climatica viene nominata, solo la metà degli articoli ne approfondisce cause e responsabilità.

Le azioni di mitigazione sono citate solo nel 10% dei pezzi, mentre le misure di adattamento compaiono nel 67%. L’interesse è tutto concentrato sulle conseguenze immediate: il 93% degli articoli fa riferimento a danni e rischi legati al caldo estremo, soprattutto per la salute e per i lavoratori esposti. Le dichiarazioni riportate provengono in gran parte da esperti, politici e figure economiche, lasciando poco spazio ai cittadini comuni.

Greenpeace: “Manca una narrazione strutturale del problema”

"Lo studio evidenzia una mancanza di contestualizzazione adeguata delle ondate di calore e un’attenzione pressoché nulla per le azioni di mitigazione necessarie a contrastare la crisi in atto", osserva Simona Abbate della campagna Clima di Greenpeace Italia.

Secondo l’organizzazione ambientalista, la crisi climatica viene trattata dai media italiani ancora come un’emergenza episodica, piuttosto che come un fenomeno strutturale che richiede un cambiamento sistemico.

"E' fondamentale spostare il dibattito da una logica emergenziale a un racconto che dia spazio alle soluzioni possibili, in primis l’abbandono dei combustibili fossili e la decarbonizzazione", conclude Abbate.

Social: negazionismo e polarizzazione

L’analisi si è estesa anche ai social network, in particolare ai post Facebook di dieci testate, tra cui Il Fatto Quotidiano, Libero, Domani, La Verità e Il Giornale. Su 136 post riguardanti le ondate di calore, solo il 13% collega il fenomeno al riscaldamento globale, e appena tre post (su 136!) citano l’origine antropica della crisi climatica.

Anche su Facebook prevale un approccio focalizzato su cronaca e consigli pratici, ma con un ulteriore elemento: la politicizzazione. Le testate di orientamento conservatore affrontano il tema con toni di scherno, ridimensionando il problema e incanalandolo in uno scontro ideologico.

Nei commenti vince la disinformazione

I commenti degli utenti rispecchiano e amplificano questa narrazione negazionista o minimizzante: si evocano le “estati calde del passato” per negare l’eccezionalità del presente, si accusa la stampa di catastrofismo, si deridono le soluzioni proposte come la transizione energetica e l’auto elettrica. In alcuni casi, si arriva a sovrapporre crisi climatica e pandemia, in una cornice complottista che mescola COVID-19 e cambiamento climatico.

In questo contesto polarizzato, ironia e sarcasmo diventano armi retoriche per delegittimare qualunque informazione seria, contribuendo a una disinformazione diffusa che rischia di compromettere la risposta collettiva alla crisi ambientale.

CLICCANDO QUI è possibile visionare il rapporto completo.