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Lo sport riduce i comportamenti oppositivo-provocatori nei ragazzi: lo dice uno studio dell’Università di Pavia

Una ricerca internazionale evidenzia che la partecipazione continuativa ad attività sportive in età scolare favorisce autoregolazione e rispetto delle regole

Lo sport riduce i comportamenti oppositivo-provocatori nei ragazzi: lo dice uno studio dell’Università di Pavia

Uno studio condotto dall’Università di Pavia e dall’Université de Montréal mostra che la partecipazione regolare a sport organizzati tra i 6 e i 10 anni riduce i comportamenti oppositivo-provocatori nei ragazzi. Un’attività semplice ma efficace per la salute mentale e il benessere sociale dei più giovani.

Lo sport riduce i comportamenti oppositivo-provocatori

Nuovi e significativi dati scientifici evidenziano che iscrivere i propri figli a un’attività sportiva e assicurare una partecipazione costante non è solo un toccasana per la salute fisica, ma è un vero e proprio scudo protettivo per lo sviluppo comportamentale e psicologico.

Una ricerca congiunta dell’Università di Pavia e dell’Université de Montréal (Canada) ha infatti evidenziato che i ragazzi che praticano sport in modo continuativo durante l’infanzia mostrano una netta riduzione dei comportamenti oppositivo-provocatori all’inizio dell’adolescenza.

Il disturbo oppositivo-provocatorio

Il comportamento oppositivo-provocatorio (COP), caratterizzato da persistenti schemi di irritabilità, sfida e ostilità verso le figure autoritarie, è una condizione spesso sottovalutata ma che può seriamente compromettere l’apprendimento e le relazioni sociali.

“Il comportamento oppositivo-provocatorio è spesso sottovalutato e può coesistere con altri disturbi dello sviluppo,” spiega Matteo Privitera dell’Università di Pavia, co-autore dello studio. “È più frequente nei ragazzi e spesso si accompagna ad altri disturbi del neurosviluppo, come l’ADHD. Tali comportamenti possono interferire con l’apprendimento, le relazioni sociali e la salute mentale a lungo termine”.

L’obiettivo dei ricercatori era individuare strategie preventive accessibili e basate sulla comunità, e lo sport si è dimostrato un alleato fondamentale.

I dati dello studio

Per giungere a queste conclusioni, il team di ricerca, composto per l’Università di Pavia da Matteo Privitera con Luca Correale e Laura Fusar-Poli, e per l’Université de Montréal da Linda Pagani con Kianoush Harandian, ha analizzato i dati del Quebec Longitudinal Study of Child Development, seguendo una coorte di 1.492 bambini.

I ricercatori hanno esaminato la partecipazione sportiva tra i 6 e i 10 anni e, successivamente, hanno chiesto ai partecipanti di auto-riferire i propri sintomi COP all’età di 10 e 12 anni. I risultati sono stati molto chiari, soprattutto per il campione maschile.

“I ragazzi che hanno partecipato in modo costante ad attività sportive organizzate hanno riportato significativamente meno sintomi oppositivo-provocatori a entrambe le età, rispetto ai coetanei con partecipazione discontinua o limitata”, aggiunge Privitera. “Lo sport può costituire un contesto naturale di sviluppo per l’acquisizione di capacità di autoregolazione, cooperazione e rispetto delle regole”.

Lo sport come “palestra” di autoregolazione

Ma perché lo sport è così efficace? I ricercatori sottolineano che le attività sportive organizzate forniscono un ambiente strutturato e supervisionato che è essenziale per l’acquisizione di competenze sociali e comportamentali. La pratica sportiva impone l’apprendimento e il rispetto delle norme e delle decisioni arbitrali. Inoltre, il contesto di squadra favorisce lo sviluppo della cooperazione e la gestione delle dinamiche di gruppo. L’impegno richiesto e la necessità di gestire le emozioni, come frustrazione e competizione, migliorano la capacità di autocontrollo.

“I risultati supportano l’ipotesi secondo cui le attività extracurricolari strutturate possono promuovere la resilienza comportamentale”, osserva Harandian. “Lo sport fornisce un ambiente supervisionato e socialmente stimolante che può favorire nei ragazzi l’interiorizzazione di norme comportamentali adattive”.

Le implicazioni

Non sono emerse associazioni significative per le ragazze, un dato che necessita di ulteriori approfondimenti, ma che non sminuisce il potenziale dello sport come strumento di resilienza comportamentale per i ragazzi. Secondo gli autori, questi risultati hanno importanti implicazioni per le politiche sanitarie ed educative.

Promuovere e sostenere la partecipazione sportiva continuativa durante l’infanzia può essere considerata una strategia semplice, scalabile e con un alto potenziale di beneficio per la riduzione dei disturbi del comportamento dirompente, a vantaggio non solo dei singoli, ma anche delle famiglie, delle scuole e dell’intera comunità.

“Promuovere la partecipazione sportiva continuativa durante la l’infanzia può contribuire a ridurre l’incidenza dei disturbi del comportamento dirompente e favorire il benessere a lungo termine. Si tratta di una strategia semplice, scalabile e con ricadute positive per famiglie, scuole e comunità” concludono Privitera e Pagani.