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Il metano che non vediamo, ma respiriamo: "C'è puzza di gas" anche nel Pavese

Microperdite rilevate a Bascapè durante il monitoraggio della campagna di Legambiente: emissioni continue che minacciano clima e salute

Il metano che non vediamo, ma respiriamo: "C'è puzza di gas" anche nel Pavese
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Durante i monitoraggi della campagna “C’è puzza di gas” di Legambiente, anche nel Pavese sono state rilevate fuoriuscite di metano da impianti della rete del gas, con concentrazioni superiori alla media atmosferica. Un fenomeno silenzioso ma allarmante che contribuisce alla crisi climatica e impone una rapida transizione energetica.

(Foto di copertina: l'impianto REMI di Bascapè)

“C’è puzza di gas”

Anche quando sfugge in piccole dosi, il metano è tutt’altro che innocuo. Invisibile e inodore, questo gas climalterante agisce in silenzio, contribuendo in modo rilevante al riscaldamento globale. Ed è anche dalla provincia di Pavia che arriva un segnale d’allarme: nel comune di Bascapè, infatti, le rilevazioni effettuate da Legambiente nell’ambito della campagna nazionale “C’è puzza di gas” confermano la presenza di perdite di metano lungo le infrastrutture del gas fossile, con concentrazioni superiori a quelle considerate fisiologiche nell’atmosfera.

Perdite continue, anche se basse

Il monitoraggio si è svolto dal 24 al 26 giugno 2025 e ha interessato 12 impianti distribuiti nelle province di Cremona, Lodi e Pavia. A Bascapè, l’analisi ha riguardato due componenti dell’impianto REMI (Regolazione e Misura), dove gli strumenti hanno rilevato una concentrazione media di metano classificata come “bassa”, compresa tra 10 e 100 ppm (parti per milione).

A prima vista potrebbe sembrare un dato rassicurante, ma va considerato che la media naturale del metano in atmosfera si attesta intorno ai 2 ppm. Ciò significa che anche queste “basse” concentrazioni rappresentano un’anomalia e un rischio reale per l’ambiente.

I monitoraggi

Nel complesso, i rilevamenti lombardi hanno analizzato 23 elementi di infrastrutture tra valvole, flange e tubature, raccogliendo 10.101 valori: il 52% ha mostrato concentrazioni basse, mentre il 65,5% dei punti monitorati ha superato la soglia dei 10 ppm. Solo il 6,4% è rientrato nella fascia “irrilevante”.

Dati sottostimati

Gli stessi operatori di Legambiente sottolineano che i dati sono “cautelativi”: le misurazioni sono state eseguite stando al di fuori dei perimetri degli impianti, dunque a distanza dal punto di emissione. Se si considerasse una distanza più ravvicinata - ad esempio un metro - i numeri cambierebbero drasticamente: il 7,6% dei valori risulterebbe “alto”, il 53,7% “medio”, il 32,4% “basso” e solo il 6,4% “irrilevante”. Nessun elemento risulterebbe quindi esente da perdite.

Una minaccia per clima, salute e agricoltura

Il metano è il secondo gas serra più impattante dopo l’anidride carbonica, ma nei primi 20 anni di permanenza in atmosfera è fino a 86 volte più potente. Secondo l’IPCC (il Gruppo intergovernativo sui cambiamenti climatici), è responsabile di oltre un terzo dell’aumento delle temperature globali.

Le sue emissioni contribuiscono anche alla formazione di ozono troposferico, un inquinante pericoloso che può causare malattie respiratorie e mortalità prematura. Si stima che, nell’Unione Europea, la riduzione dell’ozono potrebbe prevenire 70.000 morti all’anno e risparmiare all’agricoltura danni per circa 2 miliardi di euro.

Italia in ritardo sugli impegni europei

“La riduzione delle emissioni di metano è fondamentale per centrare gli obiettivi climatici, ma l’Italia sta accumulando ritardi preoccupanti – denuncia Katiuscia Eroe, responsabile energia di Legambiente –. Non stiamo rispettando il Global Methane Pledge, che prevede un taglio delle emissioni del 30% entro il 2030, e anche l’attuazione del Regolamento europeo sul metano è in stallo".

A peggiorare la situazione, secondo Legambiente, è la proposta della Presidenza del Consiglio dell’Unione Europea di inserire il Regolamento metano nel pacchetto “Omnibus” per la semplificazione normativa".

Una scelta rischiosa – aggiunge Eroe – che potrebbe ridimensionare le misure previste proprio mentre avremmo bisogno di norme più vincolanti e ambiziose".

Lombardia sorvegliata speciale

A livello regionale, la Lombardia si conferma come la principale area italiana per consumo di energia da fonti fossili e per concentrazione di grandi infrastrutture di trasporto e stoccaggio del gas.

“Anche quest’anno abbiamo proseguito il monitoraggio con il naso elettronico – spiega Barbara Meggetto, presidente di Legambiente Lombardia – e il quadro è allarmante: milioni di microperdite da impianti domestici, a cui si sommano quelle degli impianti industriali e della rete di distribuzione. Serve una svolta radicale: dobbiamo accelerare sull’elettrificazione dei consumi e abbandonare il gas".

Un messaggio che risuona anche nel territorio pavese, dove le infrastrutture esistenti richiedono un controllo più stringente.

“È paradossale - aggiunge Meggetto - che in piena crisi climatica ci siano ancora concessioni attive per cercare nuovi giacimenti di idrocarburi".

La campagna di Legambiente

“C’è puzza di gas” è giunta alla sua terza edizione e ha già toccato diverse regioni italiane - tra cui Basilicata, Piemonte, Campania, Marche e ora Lombardia - con l’obiettivo di monitorare e denunciare le dispersioni di metano lungo tutta la filiera del gas. La campagna è realizzata con il supporto dell’Environmental Investigation Agency e della coalizione Methane Matters.

Il prossimo passo sarà un’azione più diffusa su scala nazionale: Legambiente chiede maggiore trasparenza da parte delle aziende, monitoraggi sistematici, interventi puntuali su tutte le perdite rilevate e la fine dei costi in bolletta per il gas disperso. Secondo l’Agenzia Internazionale dell’Energia, il 40% delle emissioni globali di metano collegate al gas fossile nel 2024 avrebbe potuto essere evitato a costo netto zero.