Il GIP di Milano ha rinviato al prossimo 23 febbraio l’udienza che doveva decidere sul divieto di pubblicità per Tod’s, indagata per presunto caporalato, in quanto l’azienda si è impegnata a rafforzare i controlli sulla filiera e ha interrotto i rapporti con gli opifici coinvolti (foto di copertina: wikimedia)
Caporalato: udienza rinviata
Il Giudice per le Indagini Preliminari (GIP) di Milano, Domenico Santoro, ha accolto la richiesta del gruppo Tod’s di posticipare l’udienza chiave sul caso di presunta agevolazione di sfruttamento del lavoro. La seduta, inizialmente prevista per ieri (3 dicembre 2025), è stata fissata per il 23 febbraio 2026.
Il rinvio è stato concesso dopo che Tod’s ha presentato un’istanza in cui si impegna a mettere in atto una serie di misure correttive per scongiurare il ripetersi dei casi al centro dell’indagine. L’azienda ha espresso soddisfazione per la decisione del Tribunale, definendola “corretta e ragionevole” in quanto concede il tempo necessario per completare il rafforzamento dei controlli interni già avviati.
Rafforzare i controlli
La principale e più concreta azione intrapresa dall’azienda è stata la cessazione immediata di ogni rapporto di lavoro con gli opifici a conduzione cinese finiti sotto inchiesta per caporalato, rapporti interrotti tra luglio e novembre. Nella documentazione presentata al GIP, il brand ha elencato un ampio pacchetto di riforme volte a blindare la supply chain (catena di fornitura).
Queste includono l’adozione di un aggiornato Modello di Organizzazione e Controllo (MOG), l’istituzione di una nuova funzione aziendale di technical compliance, e l’avvio di un ciclo di formazione obbligatoria per tutto il personale a partire da gennaio 2026. Inoltre, l’azienda ha affidato a un consulente esterno il compito di valutare e rafforzare l’intero sistema dei presidi e potenziare il sistema di tracciabilità di tutte le attività.
La misura interdittiva
L’inchiesta, che vede indagati la società e tre manager, è partita da due opifici lombardi, a Baranzate (MI) e Vigevano, estendendosi fino a individuare almeno sei laboratori. Il Pubblico Ministero Paolo Storari ha richiesto il divieto di pubblicizzare beni e servizi per sei mesi come misura interdittiva. Secondo Storari, la società avrebbe avuto la “piena consapevolezza” dello sfruttamento di manodopera, riscontrato anche nelle sedi di Senago (Monza-Brianza), Monte San Giusto (Macerata) e Torre San Patrizio (Fermo).
Le accuse
Vengono contestate in particolare gravi violazioni delle norme su orari di lavoro, sicurezza e igiene, con l’evidenza di paghe da soli 2,75 euro all’ora e operai costretti a vivere in “condizioni di alloggio degradanti”. Un audit commissionato a una società esterna aveva fatto emergere “indici di sfruttamento” a cui l’azienda, però, avrebbe posto rimedio solo con “valore cosmetico”, ossia non in modo efficace. Ai tre manager dell’azienda è inoltre imputata la condotta dolosa.
Difendere il “Made in Italy”
Il fondatore Diego Della Valle (non tra i dirigenti indagati) ha difeso la condotta del marchio. Della Valle ha sollevato un allarme sulla possibile erosione della reputazione e dell’integrità del marchio “Made in Italy” a livello globale a causa delle indagini milanesi sulla catena di fornitori del settore.
“I valori del Made in Italy e la sua reputazione nel mondo sono un patrimonio enorme e noi abbiamo il dovere di proteggerlo ed esaltarlo, non di sminuirlo”, ha dichiarato il Gruppo Tod’s in una nota.