di Emanuele Pier Clemente Gallotti
Un volume che è insieme biografia, memoria e meditazione civile
Con Angelo Gallotti: una vita tra educazione, fede e servizio (pubblicato l’8 dicembre 2025) ho scelto di offrire ai lettori non solo un profilo storico e familiare, ma un itinerario umano e spirituale che continua a interrogare il presente.
Raccontare don Angelo Gallotti — sacerdote vigevanese e figura esemplare del Novecento — ha significato misurarsi con un’eredità che unisce rigore educativo, fede vissuta e impegno civile. Il mio intento è stato mantenere un equilibrio: affetto e riconoscenza senza scivolare nel sentimentalismo; documentazione storica senza soffocare la vita.
Il risultato cerca di intrecciare la vicenda personale con l’orizzonte ecclesiale e sociale che ha accompagnato il suo cammino.
Metodo e stile: lasciare che la vita parli
Uno dei criteri guida è stata la scelta di evitare ogni forma di agiografia. Ho preferito lasciare che fossero i fatti a parlare.
Ne emerge un ritratto essenziale e misurato: documenti, testimonianze e ricordi delineano la figura di un sacerdote che ha incarnato il Vangelo nell’ordinarietà, senza clamori, senza pose e senza ricerca di visibilità.
Un uomo che ha attraversato il “secolo breve” senza perdere la luce
Nella Premessa ricordo come maggio 2025 abbia riunito quattro anniversari fondamentali della vita di don Angelo — nascita, ordinazione, morte ed esequie — trasformando il ricordo in una “memoria viva”.
La sua vicenda attraversa le fratture del Novecento: fascismo, guerra, Resistenza, ricostruzione del Paese. Fu educatore, direttore didattico, attento all’inclusione scolastica, promotore di giustizia sociale e profondamente devoto alla Vergine Maria. Una spiritualità operosa e concreta, che non separa mai fede e responsabilità.
Il libro ospita anche la riflessione del Vescovo di Vigevano, mons. Maurizio Gervasoni, che così sintetizza lo stile di don Angelo:
«Mostra dove mettere i piedi, ma non ti porta in braccio».
Una guida che orienta senza sostituirsi.

Il sacerdote discreto: ascolto, non apparizione
Tra i tratti più ricorrenti nelle testimonianze emerge la discrezione. Mons. Di Mauro lo definisce «schivo, umile, coerente»: un sacerdote appartenente a quella generazione che viveva il ministero nel nascondimento evangelico, non nell’esposizione.
La sua pastorale era fatta di incontri brevi ma intensi, ascolto profondo, accompagnamento sobrio e non invadente: una fede che non impone, ma cammina accanto.
Dalle prove alla maturazione interiore: la voce dei contemporanei
La Postfazione del giornalista Bruno Romani restituisce al volume il respiro della memoria diretta. Romani intervistò don Angelo nel 1979, descrivendolo come uomo sereno e sorridente, padre attento di Paola — futura Piccola Sorella del Vangelo — e testimone credibile.
La sua analisi ricostruisce lo sfondo storico: l’oratorio, la Resistenza cristiana, la scuola italiana del Dopoguerra, le riforme educative. Centrale la scelta, coraggiosa e anticipatrice, di abolire le classi differenziali nella scuola diretta da don Angelo: un gesto che precorse di decenni l’idea moderna di inclusione.
Romani ricorda poi la più dura prova personale, la perdita della moglie:
«Nel dolore… prende consistenza nuova la presenza di Dio».
Una frase che svela la radice più profonda della sua maturazione spirituale.
Una santità quotidiana: forte, semplice, vicina
Diversi autori, tra cui Giancarlo Torti, hanno parlato di una “santità prossima” riferita a don Angelo. Nel saggio ho cercato di restituirne le radici: servizio, giustizia, dedizione, attenzione agli ultimi, responsabilità civile.
Una santità senza trionfalismi, riconoscibile nella gratitudine di chi l’ha incontrato e nella crescita di coloro che sono stati accompagnati da lui.
Un messaggio per l’oggi: educazione, fede e impegno civile possono camminare insieme
La vita di don Angelo mostra che è possibile ricomporre dimensioni che spesso percepiamo distanti: educazione, spiritualità e impegno sociale.
Educare diventa un atto di giustizia; credere, un modo di assumersi responsabilità; testimoniare, vivere nel quotidiano ciò che si proclama.
Non solo un ricordo, dunque, ma un invito.
Conclusione: un libro che resta, una vita che continua a generare luce
Il mio saggio — arricchito dai contributi di mons. Gervasoni, mons. Di Mauro e Bruno Romani — intende andare oltre la memoria familiare per diventare patrimonio condiviso.
È un libro semplice nella forma, ma frutto di un lungo lavoro interiore e documentario. Racconta un uomo, ma interpella ogni lettore. Parla del passato, ma illumina il futuro.
Un libro da leggere, custodire e meditare.