Alla scoperta del mantello del Tirreno, nuove rivelazioni sulla formazione degli oceani da uno studio dell'Università di Pavia
Scoperta un’anomalia geologica che potrebbe riscrivere le teorie sulla formazione degli oceani

Uno studio internazionale, pubblicato su Nature Communications, evidenzia la presenza nel Mar Tirreno di un mantello terrestre molto diverso da quello osservato in ambienti tettonici simili, aprendo nuovi scenari per comprendere la formazione degli oceani. La ricerca, frutto dell’ultima spedizione IOPD 402, è a firma, tra gli altri, dell’Università di Pavia e del Cnr-Ismar.
(Foto di copertina: da sx, Agata Di Stefano (Micropaleontologist, University of Catania, Italy), Alessio Sanfilippo (Metamorphic Petrologist, University of Pavia, Italy), and Ashutosh Pandey (Igneous Petrologist, Indian Institute of Science Education and Research, India) Credit: Tiffany Liao, IODP JRSO)
Scoperta rivoluzionaria nel Mar Tirreno
Un’anomalia nel cuore del Mar Tirreno potrebbe cambiare la nostra comprensione della geologia terrestre. Uno studio pubblicato su Nature Communications ha rivelato che il mantello terrestre in questa regione si distingue nettamente da quello presente in ambienti tettonici simili, aprendo nuove prospettive sulla formazione degli oceani. La ricerca, condotta nell’ambito della spedizione IODP 402, vede la partecipazione di scienziati italiani dell’Università di Pavia e del Cnr-Ismar.
Il mantello terrestre
Il nostro pianeta è costituito da tre strati principali: crosta, mantello e nucleo. Il mantello, che si trova sotto chilometri di sedimenti e rocce magmatiche, è normalmente inaccessibile. Per questo motivo, le perforazioni scientifiche in mare rappresentano uno strumento fondamentale per studiarlo. Negli anni ’80, si è scoperto che in alcuni punti dell’Oceano Atlantico il mantello affiora in corrispondenza delle dorsali oceaniche, le catene montuose sommerse che generano la crosta oceanica. Tuttavia, riuscire a raccogliere campioni di queste rocce resta un’impresa complessa: solo cinque spedizioni scientifiche hanno ottenuto più di 50 metri di materiale, principalmente lungo le dorsali dell’Atlantico e del Pacifico.

La missione IODP 402
La spedizione IODP 402, finanziata dall’International Ocean Discovery Program (IODP) con il contributo di IODP-Italia, si è concentrata sul Mar Tirreno, un bacino oceanico ancora giovane, formatosi circa 10 milioni di anni fa. Guidata da Nevio Zitellini (Cnr-Ismar) e Alberto Malinverno (Lamont-Doherty Earth Observatory, USA), la missione ha scoperto che il mantello in questa zona non ha subito l’impoverimento chimico tipico delle aree dove la crosta oceanica si forma. Questo risultato contraddice le teorie precedenti sulla genesi dei bacini oceanici.
“Nel 1986, una perforazione scientifica aveva già raccolto circa 30 metri di rocce del mantello terrestre, rivelando un impoverimento di elementi chimici causato dai processi di fusione magmatica,” spiega Nevio Zitellini. “Tuttavia, le nuove perforazioni hanno raggiunto profondità maggiori, fino a 170 e 130 metri, dimostrando che il mantello del Tirreno conserva ancora un elevato potenziale per generare nuovo magma.”

Nuove ipotesi sulla formazione degli oceani
L’eterogeneità geologica riscontrata nel Mar Tirreno è superiore a quella osservata in altre zone del pianeta. Secondo Alessio Sanfilippo, dell’Università di Pavia e primo autore della ricerca, questo fenomeno è dovuto alla presenza di magma che rimane intrappolato nelle rocce del mantello durante la risalita.
“Contrariamente a quanto ipotizzato finora, il nostro studio dimostra che la formazione di questi bacini oceanici, privi di una crosta magmatica ben definita, non è dovuta alla mancanza di magma, ma al fatto che i fusi magmatici restano bloccati nelle parti più profonde della litosfera, senza mai emergere in superficie,” spiega lo scienziato.
Prospettive future
Questa scoperta apre nuove prospettive di ricerca sulla dinamica interna del nostro pianeta e sull’evoluzione geologica degli oceani. I campioni raccolti durante la missione saranno oggetto di ulteriori analisi per comprendere meglio i processi che regolano lo scambio chimico tra il mantello terrestre e gli strati più superficiali della Terra. Gli scienziati sono convinti che questi studi contribuiranno a una più approfondita comprensione della formazione dei bacini oceanici e dei processi geodinamici che modellano il nostro pianeta.
