Candida auris: l’ultimo spauracchio del fungo che uccide in tre mesi

Nessun caso ancora in Italia. Colpisce in ambito ospedaliero soggetti immunodepressi.

Candida auris: l’ultimo spauracchio del fungo che uccide in tre mesi
Pubblicato:
Aggiornato:

Nelle ultime 24 ore, fra le ricerche sul Web, a farsi largo a grandi spallate è stato un tema del tutto nuovo. E’ letteralmente in impennata nei trendig topics (argomenti di tendenza) il fungo “Candida auris”, un microrganismo divenuto istantaneamente famoso con la ferale nomea di “fungo killer che uccide in tre mesi”. Ma è davvero così? E c’è davvero d’aver paura? Lo abbiamo chiesto ad Antonella D’Arminio Monforte, direttore struttura Malattie infettive tropicali presso l’Asst Santi Paolo e Carlo di Milano, guidata dal direttore Matteo Stocco.

Candida auris: cos’è

Intanto, via il primo possibile equivoco: dimenticatevi boletus o ammanita, la Candida auris nulla a che fare con prati e boschi. E infatti si tratta di un micete lievitiforme, specie del più ampio genere Candida (responsabile di una delle infezioni più conosciute). Un ceppo tuttavia effettivamente molto aggressivo, ma il rischio d’imbattervisi è soprattutto limitato ai contesti ospedalieri.

“E’ una specie relativamente nuova, il cui studio è stato più intensamente avviato nel 2018 – spiega la professoressa D’Arminio – Sono noti solamente poco più di 600 casi al mondo e in Italia non se n’è ancora registrato uno. La Candida auris colpisce in particolare soggetti deboli e immunodepressi (come trapiantati, dializzati o soggetti che hanno subito interventi), soprattutto in ambiente ospedaliero, dove il soggetto è più vulnerabile per via di cateteri, flebo e altre possibili porte d’ingresso per l’agente infettivo”.

Solo 600 ammalati in tutto il mondo

Quindi, solo 600 malati in tutto il mondo, impossibile conteggiare i contagiati, ma potrebbero essere qualche migliaio. Finora Italia esclusa, la maggior parte dei casi è stata registrata in Giappone (dov’è stato scoperto il patogeno) e Usa, più qualche evidenza anche in Europa e Asia. E può colpire soggetti deboli in un determinato ambiente. Niente panico, insomma.

“Esatto, malgrado il fungo sia effettivamente molto aggressivo(tanto che per gli immunodepressi la patologia esita nella morte nella stragrande maggioranza dei casi), tanto che, quando insorge anche solo il sospetto di un’infezione, il paziente va immediatamente isolato – spiega l’infettivologa – Negli Usa in un caso di decesso, è stata necessaria una bonifica intensiva degli ambienti, soffitti e pareti comprese”.

Una basilare norma di prevenzione

Il fungo provoca febbre, dolori muscolari e affaticamento, ma il problema soprattutto è che risulta resistente agli antibiotici. Come si può prevenire il rischio di contagio?

“Sembra banale, ma il primo presidio di sicurezza, soprattutto negli ambienti ospedalieri è in realtà molto semplice: domenica 5 maggio 2019 sarà la Giornata mondiale del lavaggio delle mani, la prima e più efficace buona pratica da adottare non solo in situazioni di particolare delicatezza, come nei nosocomi”.

Seguici sui nostri canali