Guido Furgiuele è stato condannato a un anno, un mese e sei giorni di reclusione per aver travolto e ucciso Cristina Frazzica a Posillipo. La famiglia chiede giustizia e maggiore sicurezza in mare per evitare tragedie simili.
Cristina Frazzica uccisa in kayak, condanna per chi la travolse
Un anno, un mese e sei giorni di reclusione con pena sospesa. Questa la sentenza raggiunta nel patteggiamento di Guido Furgiuele, il 49enne napoletano coinvolto nella tragica vicenda di Posillipo, dove un anno e mezzo fa travolse con la sua imbarcazione il kayak su cui si trovava Cristina Frazzica, causandone la sua morte.
I familiari di Cristina, ancora profondamente segnati dal dolore, hanno espresso il loro sentimento di inermità, ma anche un timido sollievo per l’accertamento della verità.
“Ci sentiamo ancora totalmente inermi di fronte a quello che è accaduto – commentano i genitori e la sorella di Cristina che, in quest’anno e mezzo, si sono affidati a Giesse – La sentenza, seppur bassa e non commisurabile alla vita di Cristina che nessuno potrà mai restituirci, ci permette però di credere un po’ di più in un’idea di giustizia che credevamo persa. Per noi era importante che emergesse la verità e così è stato”.
Cristina, di origini calabresi ma cresciuta a Voghera e laureata in Biotecnologie, “avrebbe potuto scegliere qualsiasi città, anche estera, per lavorare. Eppure, decise di iniziare il percorso di formazione “Pharmatech Academy” della Federico II, incentrato sulla ricerca e produzione di farmaci a RNA e sulla terapia genica perché Cristina amava Napoli e amava il mare. Per lei era una forma di libertà di cui tutti dovrebbero poterne godere. A questo proposito, ci teniamo ad aggiungere altre due considerazioni. Abbiamo ricevuto un affetto straordinario da parte di Napoli, a partire dall’Università, dal sindaco Gaetano Manfredi e dal Coni con cui abbiamo organizzato il funerale hawaiano. Ma questa grande mobilitazione che si è innescata a seguito della tragedia deve portarci a lottare ogni giorno per mantenere alta l’attenzione sulla sicurezza in mare affinché tragedie di questo tipo non accadano più”.
La dinamica della tragedia
L’incidente si verificò il 9 giugno 2024 nelle acque del golfo di Napoli, vicino a Villa Rosebery, residenza estiva del Presidente della Repubblica. Cristina era sul kayak biposto insieme a un amico, intento a pagaiare lungo la costa. Verso le 17.30, una barca in avvicinamento a forte velocità li costrinse a gettarsi in acqua per evitare l’impatto. Purtroppo, Cristina venne travolta dall’imbarcazione e morì sul colpo, mentre l’amico riuscì a salvarsi.
La consulenza tecnica
La consulenza tecnica d’ufficio, condotta dall’ingegnere Giuseppe Coccia, ha accertato che l’imbarcazione di Furgiuele, denominata “Vega” e lunga 17,9 metri, procedeva a circa 30 nodi, tre volte la velocità massima consentita di 10 nodi nella zona. La visibilità era inoltre compromessa dalla conformazione della barca e dal posizionamento errato del SUP di bordo. L’analisi ha confermato che i ragazzi si trovavano in una zona in cui avevano pieno diritto di navigare.
“L’analisi della navigazione effettuata – si legge nella consulenza – ha mostrato chiaramente un atteggiamento di totale negligenza, violazione del codice della navigazione e sostanziale imprudenza (…) L’imbarcazione ha raggiunto in pochi secondi il kayak che – a quella velocità – non ha avuto vie di fuga. Il kayak, sfortunatamente si è trovato sulla rotta di un’imbarcazione che navigava al triplo della velocità consentita a circa 300 metri dalla costa”.
Giesse, il gruppo che ha affiancato la famiglia di Cristina, ha sottolineato l’importanza del percorso seguito per arrivare alla condanna.
“Sono stati effettuati numerosi accertamenti: autopsia, perizie sulla barca e sul kayak, analisi dei cellulari e verifiche genetiche”, hanno dichiarato Giuseppe Vacca e Domenico Mesiano.
Un accordo stragiudiziale ha inoltre evitato una causa civile, mentre i familiari hanno voluto ringraziare l’affetto ricevuto da Napoli, dall’Università, dal sindaco Gaetano Manfredi e dal Coni. La tragedia, hanno ribadito, deve servire a sensibilizzare sull’importanza della sicurezza in mare per prevenire simili incidenti in futuro.