Operazione antimafia nelle province di Pavia e Catania: 20 indagati e 8 arrestati, uno a Vigevano
Operazione della Guardia di Finanza contro un’organizzazione criminale accusata di estorsione, spaccio e detenzione illegale di armi

Un apparente mercato agricolo celava l’ombra lunga di Cosa Nostra. Un’operazione antimafia condotta dalla Guardia di Finanza di Catania ha scoperchiato un sistema di potere mafioso che, secondo gli inquirenti, condizionava l’intera filiera del commercio degli agrumi nei territori etnei. Otto arresti (uno a Vigevano), venti indagati, due aziende sequestrate e un giro d’affari illeciti stimato in almeno un milione di euro: sono i numeri dell’inchiesta che ha portato a colpire la cosca legata a Orazio Salvatore Scuto, ritenuto elemento di vertice del clan Laudani.
Operazione antimafia
L’ordinanza cautelare è stata eseguita in contemporanea nelle province di Catania e Pavia da 80 militari del Comando provinciale della Guardia di Finanza, coordinati dalla Direzione Distrettuale Antimafia etnea. Altri 12 soggetti sono stati sottoposti a perquisizione, mentre sono stati notificati avvisi di conclusione delle indagini nelle province di Catania, Messina, Monza, Pavia, Prato e Reggio Calabria.
Il provvedimento del gip prevede misure cautelari personali e reali per reati che vanno dall’associazione mafiosa all’estorsione, passando per la detenzione illegale di armi, la ricettazione, il trasferimento fraudolento di valori e lo spaccio di droga, tutti aggravati dal metodo mafioso.

Il controllo del mercato dei limoni
Secondo quanto ricostruito dalla DDA di Catania, al centro dell’indagine c’è la “permanente operatività del gruppo criminale legato al clan Laudani”, attivo nei territori di Acireale, Aci Sant’Antonio, Aci Catena e nelle aree limitrofe. La cosca avrebbe esercitato un “condizionamento illecito del mercato degli agrumi”, in particolare dei limoni, arrivando a monopolizzare i trasporti e le forniture in diverse aree della provincia.
Malgrado fosse detenuto, Orazio Scuto avrebbe continuato a dirigere le attività criminali del clan avvalendosi di uomini fidati. Le comunicazioni avvenivano con schede telefoniche intestate fittiziamente a extracomunitari e introdotte in carcere illegalmente tramite droni.

Estorsioni e intimidazioni agli imprenditori
L’inchiesta ha fatto emergere un clima di intimidazione capillare nei confronti degli imprenditori locali. Gli operatori economici che tentavano di opporsi sarebbero stati vittime di estorsioni e minacce, con pressioni volte a influenzare le scelte imprenditoriali e a escludere le aziende non gradite al clan. Una di queste sarebbe riconducibile direttamente a Scuto.
A rafforzare la forza intimidatrice dell’organizzazione, secondo gli investigatori, vi era anche la disponibilità di armi: nel corso delle indagini sono state sequestrate due pistole semiautomatiche con matricola abrasa.
Le imprese sequestrate
Contestualmente agli arresti, le fiamme gialle hanno sequestrato due attività economiche ad Aci Sant’Antonio: una società a responsabilità limitata e una ditta individuale, entrambe ritenute strumentali all’attività illecita del gruppo. Il valore complessivo dei beni sequestrati è di circa un milione di euro.
In totale gli indagati sono 20, di cui 8 arrestati (uno a Vigevano).
L’operazione rappresenta un duro colpo a un sistema mafioso che, anche dall’interno delle carceri, riusciva a mantenere il controllo del territorio e a condizionare pesantemente l’economia locale.