Al San Matteo rimosso dispositivo endocavale con tecnologia laser, è il primo caso in Italia
La procedura è durata circa un’ora e ha permesso di recuperare il dispositivo e dimettere la paziente il giorno successivo, senza complicanze
Al San Matteo, primo caso in Italia di rimozione di un dispositivo endocavale con tecnologia laser: la paziente è stata dimessa il giorno successivo all'intervento, senza complicanze.
Rimosso dispositivo endocavale con tecnologia laser
Al Policlinico San Matteo di Pavia è stato eseguito, per la prima volta in Italia, un intervento di rimozione di un dispositivo endocavale con tecnologia laser.
La paziente che è stata sottoposta alla procedura, un anno fa era stata ricoverata in chirurgia vascolare per emorragia cerebrale e contestuale trombosi venosa profonda e, di conseguenza, con controindicazione assoluta alla somministrazione di terapia anticoagulante. All’epoca era stata sottoposta a posizionamento di filtro cavale removibile per prevenire una eventuale embolia polmonare acuta.
“L’embolia polmonare, cioè la formazione oppure migrazione di un coagulo a partenza dagli arti inferiori (trombosi venosa profonda) a livello dell’arteria polmonare, continua ad avere elevati tassi di mortalità – commenta Antonio Bozzani, Direttore ff Chirurgia Vascolare -.
Anche se la terapia anticoagulante rappresenta il gold standard nel trattamento e nella prevenzione di questa patologia, in alcuni pazienti, come poli-traumatizzati, traumi cranici, emorragie cerebrali, risulta controindicata".
I filtri cavali
"Per questa ragione - prosegueAntonio Bozzani - di fronte ad una trombosi venosa profonda e nell’impossibilità di somministrare la corretta terapia anticoagulante, sono stati creati dei dispositivi (filtri cavali) che, posizionati per via endovascolare in vena cava inferiore, vale a dire la principale vena che trasporta il sangue al cuore dall’addome e dagli arti inferiori, funzionano da barriera alla migrazione di coaguli ai polmoni”.
Mentre, in passato, questi dispositivi erano definitivi, oggi sono removibili, entro un congruo periodo di tempo e sempre con metodica endovascolare.
“Nonostante il loro utilizzo si sia rapidamente diffuso, basti pensare che ne vengono impiantati circa 38mila all’anno negli USA, di questi ne vengono rimossi solo il 22%, poiché, in molti casi, permanendo in sede troppo a lungo, possono dare origine alla formazione di tessuto cicatriziale tenace tra il dispositivo e, come nel caso della nostra paziente, la parete del vaso – spiega Pietro Quaretti, Responsabile Radiologia Interventistica -; si tratta di lacinie fibrose che li tengono saldamente ancorati alla parete della vena cava inferiore rendendo la procedura di rimozione molto complessa”.
La rimozione con il laser
Trascorso quasi un anno dall’impianto e guarita dalla trombosi venosa profonda la paziente poteva essere sottoposta a rimozione del filtro cavale. Tuttavia, in fase di esecuzione di TAC, preliminare alla procedura, gli specialisti hanno notato la presenza di lacinie cicatriziali tra il filtro cavale e la parete della vena cava inferiore. Da qui l’idea del dottore Bozzani e del dottore Quaretti di utilizzare, oltre al sistema di recupero dedicato del filtro, un catetere cavo con alla sua estremità distale una fonte laser ad eccimeri, una tecnica utilizzata all’estero.
La procedura, eseguita dai radiologi interventisti Nicola Cionfoli e Riccardo Corti, è durata circa un’ora e ha permesso di recuperare il dispositivo e dimettere la paziente il giorno successivo, senza complicanze.
“Tale combinazione si è dimostrata efficace e va ad implementare i dispositivi e le tecnologie a nostra disposizione, permettendo di allargare ulteriormente sia la tipologia che la numerosità delle patologie trattabili presso il Policlinico San Matteo che rimane Centro di riferimento per le patologie vascolari ad elevata complessità”, conclude Antonio Bozzani.