Raffineria Eni Sannazzaro: biocarburante dalla raccolta di oli alimentari esausti
Anche in provincia di Pavia parte il progetto "Oilà".
Eni: nella raffineria di Sannazzaro inizia la raccolta di oli alimentari esausti prodotti nelle abitazioni dei dipendenti. Saranno trasformati in biocarburante.
Raffineria Eni Sannazzaro: biocarburante dalla raccolta di oli alimentari esausti
Arriva a Sannazzaro de’ Burgondi il progetto Oilà, realizzato da Eni per il recupero degli oli alimentari usati e di frittura prodotti dai dipendenti nelle proprie abitazioni. Dopo Porto Marghera, Roma e Taranto, in questi giorni il progetto è in avviamento, grazie a una convenzione sottoscritta da Eni e da CLIR, società pubblica che svolge anche per il Comune di Sannazzaro le attività, tra le altre, relative alla gestione del ciclo dei rifiuti solidi urbani.
Il progetto
All’interno della raffineria sono stati allocati alcuni contenitori gialli, all’interno dei quali è posizionato un fusto a doppia camera a tenuta stagna nel quale i dipendenti Eni conferiranno le bottiglie di plastica contenenti esclusivamente oli alimentari esausti. CLIR si occuperà dello svuotamento periodico dei contenitori, tramite un operatore aderente al CONOE (Consorzio nazionale di raccolta e trattamento degli oli e dei grassi vegetali ed animali esausti) con cui Eni ha sottoscritto un accordo di collaborazione nel dicembre 2017.
La mission
La logica alla base di Oilà è semplice e di grande valore: trasformare un rifiuto potenzialmente dannoso per l’ambiente, come l’olio vegetale esausto, in una nuova risorsa energetica. Un esempio concreto e virtuoso di economia circolare: gli oli alimentari di frittura rappresentano, infatti, una valida materia prima per il processo di lavorazione delle bioraffinerie Eni a Porto Marghera e a Gela, che utilizzano la tecnologia proprietaria Ecofining™ per produrre biocarburanti e il loro recupero contribuisce in modo concreto e immediato alla riduzione dell’inquinamento.
Gli oli esausti alimentari
Oggi gli oli esausti prodotti a livello domestico sono quasi interamente dispersi. Nel 2018 sono state raccolte circa 75.000 tonnellate di olio alimentare di scarto, quasi esclusivamente prodotte dal settore della ristorazione e dell’industria, che rappresentano solo il 25% dell’olio prodotto in Italia, che ammonta a circa 280.000 tonnellate all’anno. La maggior parte della produzione ha quindi luogo nelle case, e lo smaltimento avviene per lo più negli scarichi perché la maggior parte dei cittadini non sa che eliminare gli oli di frittura attraverso la rete fognaria può comportare gravi conseguenze ambientali. Oltre a intasare il sistema di scarico domestico e delle reti fognarie con incremento dei costi di manutenzione, lo smaltimento attraverso la rete fognaria pregiudica il corretto funzionamento dei depuratori, aumentando i costi di depurazione.
Un litro di olio genera fino a 4 kg di fanghi di depurazione che dovranno poi essere gestiti come rifiuto, può giungere alle falde e rendere l’acqua non potabile e crea inquinamento delle acque superficiali, cioè laghi, fiumi e mare con danni all’ecosistema, alla flora e alla fauna. Se disperso in acqua forma un “velo” che impedisce ai raggi solari di penetrare, causando ingenti danni all’ambiente. Per avere un’idea più concreta, la sola dispersione di due litri e mezzo di olio rendono non potabili 2,5 milioni di litri d’acqua, pari al contenuto di una piscina olimpionica.
L’iniziativa è parte del programma avviato da Eni per diffondere e consolidare in tutte le proprie aree di business la logica dell’economia circolare nel quadro di una maggiore efficienza e sostenibilità della produzione e utilizzo dell’energia.
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