Al Ghislieri incontro con Giovanni Paparcuri: "Custodire la memoria"
Sopravvissuto alla strage Chinnici, oggi è l’anima del Museo ricavato nelle stanze che ha condiviso con Giovanni Falcone e Paolo Borsellino.
Al Ghislieri incontro con Giovanni Paparcuri: "Custodire la memoria": sopravvissuto alla strage Chinnici, oggi è l’anima del Museo ricavato nelle stanze che ha condiviso con Giovanni Falcone e Paolo Borsellino. Iniziativa gratuita e aperta al pubblico.
Al Ghislieri incontro con Giovanni Paparcuri
La memoria civile è ciò che impedisce agli individui e alle società di vivere in un eterno presente senza radici e senza futuro. Del senso e della necessità di custodire la memoria in un Paese in cui ogni giorno di calendario avrebbe un martire laico da ricordare, se solo qualcuno ci facesse caso, si parlerà stasera, martedì 19 novembre 2019, alle ore 21 nell’Aula Goldoniana del Collegio Ghislieri.
Lo si farà attraverso la testimonianza forte di Giovanni Paparcuri, sopravvissuto alla strage Chinnici, che oggi fa vivere, nel bunkerino della Corte d’Appello di Palermo, il Museo Falcone-Borsellino, voluto nel 2016 dalla Giunta locale dell’Associazione Nazionale Magistrati, nelle stanze dei due giudici trucidati nel 1992. Introduce e modera l’incontro Elisa Chiari, giornalista di Famiglia Cristiana.
Una storia d'Italia
Paparcuri non è una guida come tante, non racconta una storia imparata ma una storia vissuta, che poi è Storia d’Italia: intrisa del sangue di tante persone, compreso il suo.
Faceva l’autista giudiziario a Palermo, tante volte aveva guidato la macchina di Giovanni Falcone; il 29 luglio del 1983 andò a prendere sotto casa, in via Pipitone, il Consigliere istruttore Rocco Chinnici.
Chi ha meno di cinquant’anni non può ricordare, se non l’ha ricostruito a posteriori, il botto dell’autobomba che esplose quella mattina sotto la casa del giudice, uccidendo lui, due uomini della scorta e il portiere del palazzo. Giovanni, vivo per miracolo, per caso o per destino, non lo potrà mai dimenticare, l’avrà nelle orecchie, nel corpo e nell’anima per tutta la vita.
Volevano congedarlo a 27 anni, s’è rifiutato. Non potendo più fare lo stesso lavoro, s’è trovato declassato a commesso, ma una felice intuizione di Paolo Borsellino l’ha portato a occuparsi della banca dati, avveniristica per l’epoca, del Maxiprocesso, istruito dai due giudici uccisi a Capaci e via D’Amelio: una pietra miliare della lotta alla mafia.
Giovanni Paparcuri ha continuato a compulsare dati anche dopo la morte di Falcone e Borsellino, e ora, custodendo le loro stanze, che solo i suoi ricordi riescono ad animare, li tiene vivi nella memoria delle persone che quasi ogni giorno arrivano al bunkerino o che lo invitano a testimoniare: tanti sono giovani che nel 1992 non erano ancora nati.
L’iniziativa è gratuita e aperta al pubblico.