Vellezzo Bellini

Accusato dell’omicidio di un 79enne nel Pavese, Nicola Alfano dalla condanna all’innocenza

Grazie al ricorso è emersa la verità, è stato un tragico incidente a portare alla morte di Bruno Lazzerotti

Accusato dell’omicidio di un 79enne nel Pavese, Nicola Alfano dalla condanna all’innocenza
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Inizialmente si credeva che Alfano avesse ucciso Lazzerotti per difendere l'eredità che gli spettava e che era messa a repentaglio dalla frequentazione dell'uomo con una donna.

Scarcerato a Pavia

Ha passato quasi tre anni dietro le sbarre ma ora Nicola Alfano è finalmente un uomo libero. Una vicenda intricata e sconcertante si è dipanata nel Pavese nel corso degli ultimi anni. Condannato in primo e secondo grado a quindici anni di carcere per omicidio volontario, è stato scarcerato giovedì 13 luglio grazie ai giudici che hanno riqualificato l'accusa da omicidio volontario a omicidio colposo riducendo la pena.

Tutto ha avuto inizio l'11 giugno 2019 quando il corpo senza vita del 79enne Bruno Lazzerotti è stato ritrovato all'interno della sua Alfa Romeo Mito a Vellezzo Bellini in provincia di Pavia. Nicola Alfano, all’epoca 47enne amico di lunga data della vittima, è stato colui che ha dato l'allarme raccontando agli inquirenti di essere sopravvissuto miracolosamente a un terribile incidente stradale che aveva causato la morte di Lazzerotti.

L'auto ritrovata con il cadavere del 79enne

Non si tratta di omicidio volontario

Ma la versione di Alfano non è riuscita a convincere gli inquirenti che dopo mesi di indagini hanno arrestato l'uomo nel settembre del 2020 accusandolo di omicidio volontario. Secondo l'accusa, Alfano avrebbe ucciso Lazzerotti per difendere la propria eredità. Il pensionato, infatti, aveva designato l'amico come suo erede universale ma aveva cominciato a frequentare una donna.

Questo, secondo gli investigatori, aveva scatenato la reazione di Alfano che avrebbe affogato Lazzerotti per poi inscenare un incidente automobilistico. Così Alfano è stato condannato a quindici anni di carcere, una pena severa che sembrava sancire definitivamente la sua colpevolezza. Ma la verità ha trovato finalmente una breccia. 

La vicenda di Nicola Alfano è stata definita "kafkiana" dal sostituto procuratore generale di Milano Cuno Tarfusser che ha presentato un ricorso contro la prima condanna, un atto insolito da parte dell'accusa stessa. La cassazione ha accolto il ricorso aprendo la strada a un nuovo processo d'appello che si è concluso due giorni fa.

Un incubo durato tre anni

Tarfusser, lo stesso procuratore che ha scritto l'atto per riaprire la vicenda della strage di Erba, ha sostenuto che l'omicidio di Bruno Lazzerotti non sia stato volontario ma un tragico incidente. E i giudici gli hanno dato ragione. Durante il processo d'appello bis, i giudici hanno rivalutato le prove e hanno ritenuto inverosimile la versione accusatoria.

La condanna per omicidio volontario è stata quindi ridimensionata a omicidio colposo con una pena molto più lieve. I legali di Nicola Alfano, gli avvocati Federico Cecconi e Nicolò Velati, hanno difeso con vigore l'innocenza del loro assistito sostenendo che si sia trattato effettivamente di un incidente.

La sentenza ha rappresentato una svolta nella vita di Nicola Alfano che ha finalmente potuto lasciare il carcere e ricominciare la sua vita. L'uomo ha passato tre anni tra sbarre e arresti domiciliari vivendo l'incubo di essere ingiustamente accusato di un omicidio. Ora, finalmente, la verità ha prevalso, restituendo a Nicola Alfano la speranza e la possibilità di ricostruire la sua vita.

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