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Intelligenza artificiale e neurologia: una nuova frontiera nella diagnosi precoce di Alzheimer e Parkinson

Grazie a un modello di machine learning avanzato, i ricercatori hanno individuato come alcune variabili diagnostiche cambino di rilevanza a seconda del sesso del paziente

Intelligenza artificiale e neurologia: una nuova frontiera nella diagnosi precoce di Alzheimer e Parkinson
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Intelligenza artificiale e neurologia: così cambiano diagnosi e terapie per Alzheimer e Parkinson. Uno studio coordinato dal Cnr di Roma apre nuove prospettive diagnostiche personalizzate: grazie al machine learning, si possono identificare i fattori predittivi delle malattie neurodegenerative con un approccio differenziato per sesso.

(Foto di copertina: Antonio Malvaso)

Quando l’intelligenza artificiale incontra la neurologia

La medicina del futuro parla sempre più il linguaggio dei dati. Un recente studio coordinato dall’Istituto di scienze e tecnologie della cognizione del Consiglio nazionale delle ricerche di Roma (Cnr-Istc) ha dimostrato come l’intelligenza artificiale possa diventare uno strumento decisivo nella diagnosi precoce di patologie neurodegenerative come Alzheimer e Parkinson. Per la prima volta, un algoritmo ha analizzato test neuropsicologici, dati genetici e neurofisiologici di pazienti sani e malati, distinguendo con precisione i principali fattori predittivi per uomini e donne.

Tra i protagonisti della ricerca, Antonio Malvaso, specializzando in neurologia all’Istituto Mondino di Pavia, sottolinea come il suo interesse per l’intelligenza artificiale sia nato anni fa, proprio dalla consapevolezza che questa tecnologia avrebbe profondamente trasformato la neurologia.

“Credo fermamente nel binomio uomo-macchina -afferma- come alleanza strategica per curare al meglio il paziente, in carne e ossa e, perché no, anche nella sua versione digitale”.

Fattori predittivi differenziati per genere

Grazie a un modello di machine learning avanzato, i ricercatori hanno individuato come alcune variabili diagnostiche cambino di rilevanza a seconda del sesso del paziente. Il test MMSE, ad esempio, si è rivelato un predittore più efficace dell'Alzheimer nelle donne, mentre negli uomini è utile soprattutto nel monitoraggio a lungo termine. L’indice Ldeltotal è risultato più significativo nelle donne, mentre Avtot ha maggiore rilevanza negli uomini.

Dalla diagnosi alla previsione

“Il software che abbiamo sviluppato –spiega Malvaso- è in grado di prevedere l’evoluzione della malattia da due a cinque anni, riducendo i tempi di diagnosi e trattamento”.

L’obiettivo finale è rendere queste tecnologie accessibili non solo negli ospedali, ma anche nella medicina di base, per garantire diagnosi precoci e interventi tempestivi.

Nuove frontiere della cura

Tra le innovazioni più promettenti, emerge la possibilità di creare un “gemello digitale” del paziente: una copia virtuale su cui simulare l’evoluzione della patologia e l’efficacia dei trattamenti. Una rivoluzione che apre la strada a una medicina più personalizzata e predittiva, dove ogni decisione clinica è supportata da modelli digitali pre-clinici.

Un lavoro di rete e di visione interdisciplinare

Lo studio è frutto di una collaborazione tra numerosi enti di ricerca e università: l’Area di Ricerca Milano 4 del Cnr, l’Istituto Mondino, l’Università di Pavia, la Fondazione Santa Lucia Irccs, le Università di Roma Sapienza e Tor Vergata e la start-up AI2Life Srl. I risultati sono stati pubblicati su due articoli del Journal of the Neurological Sciences.

Nuova definizione delle malattie neurodegenerative

Lo studio adotta anche una nuova chiave interpretativa delle malattie esaminate, suggerendo che Alzheimer e Parkinson potrebbero essere espressioni diverse di una stessa sindrome: la Neurodegenerative Elderly Syndrome (NES). Un paradigma che potrebbe rivoluzionare non solo la diagnosi, ma anche la classificazione e il trattamento delle malattie neurodegenerative.

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