Con un prelievo di sangue si può predire e prevenire il declino fisico e cognitivo negli anziani
Un gruppo di ricercatori, tra cui l’Università di Pavia, ha individuato i marcatori ematici che anticipano il declino cognitivo e fisico negli anziani

Un semplice prelievo di sangue potrebbe aiutare a identificare i soggetti anziani a rischio: uno studio internazionale, a cui ha collaborato anche l'Università di Pavia, apre nuove frontiere per l’invecchiamento in salute.
Invecchiamento in buona salute
In un’epoca in cui l’invecchiamento della popolazione rappresenta una delle più grandi sfide sociali e sanitarie, un team di ricerca italiano ha compiuto un passo avanti decisivo nella lotta alla fragilità senile. Tra i protagonisti di questa ricerca scientifica si distingue l’Università di Pavia, in prima linea nel definire strategie innovative per promuovere la cosiddetta Healthy Longevity, ovvero un invecchiamento in buona salute.
Lo studio
Un team di ricercatori interamente italiano, composto da neuroscienziati, biochimici e neurologi, ha scoperto tramite un semplice prelievo di sangue l’esistenza di nuovi profili metabolici in grado di individuare i soggetti anziani pre-fragili (cioè in fase intermedia tra lo stato di salute e la fragilità) e quelli fragili, distinguendoli dagli individui sani.
La ricerca, pubblicata sulla prestigiosa rivista scientifica NPJ Aging (gruppo Nature), è stata realizzata da un gruppo di studiosi composto da Alessandro Usiello, direttore del Laboratorio di Neuroscienze Traslazionali del CEINGE Biotecnologie Avanzate Franco Salvatore di Napoli, e professore di Biochimica Clinica all’Università Vanvitelli, da Francesco Errico, professore di Biochimica dell’Università Federico II e ricercatore al CEINGE, da Anna Maria D’Ursi, professoressa di Chimica farmaceutica, e dalla ricercatrice Carmen Marino (prima firma dello studio) dell’Università di Salerno. Inoltre, da Enza Maria Valente, responsabile del Centro di Ricerca in Neurogenetica della Fondazione Mondino di Pavia e da Alberto Imarisio, neurologo e dottorando presso l’Università di Pavia.
La betaina marcatore chiave
I ricercatori hanno osservato che gli individui in una fase “pre-fragile” – una condizione clinica intermedia e potenzialmente reversibile – presentano livelli elevati di betaina nel sangue rispetto sia ai soggetti sani che a quelli già fragili. Questo amminoacido, noto per il suo ruolo nel metabolismo dell’omocisteina, potrebbe diventare un importante biomarcatore per identificare in tempo utile chi è a rischio di declino fisico e cognitivo.
"La betaina è un amino acido atipico in grado di cedere gruppi metilici all'omocisteina, trasformandola in metionina, uno degli amino acidi essenziali per il nostro organismo. Questo contribuisce a mantenere bassi i livelli di omocisteina, che quando elevati comportano un incremento del rischio cardiovascolare", commenta il dottor Imarisio.
"I prossimi step saranno indagare i meccanismi biologici responsabili delle variazioni emerse nello studio, e verificare se la supplementazione di betaina o di specifiche formulazioni di amino acidi possa rappresentare una possibile strategia terapeutica per favorire un invecchiamento in buona salute nota come “Healthy Longevity” ", dichiara il professor Usiello.