Rolfi: "Promuoviamo la cultura del cibo e una vera sostenibilità"
Intervista all'assessore regionale all’Agricoltura, che anche quest’anno sostiene la nostra iniziativa: "Fare l’orto è il modo più bello di approcciare il tema, perché ha a che fare con la lentezza, con la stagionalità, con i cicli della vita e la difficoltà di produrre gli alimenti, cose molto importanti da insegnare".
"E’ una iniziativa molto positiva perché si pone l’obiettivo di promuovere la cultura del cibo, che non riguarda soltanto l’alimentazione - cosa mettiamo nel piatto e cosa mangio - ma come nasce il cibo". Così l’assessore all'Agricoltura, Alimentazione e Sistemi Verdi di Regione Lombardia, Fabio Rolfi, descrive la nostra iniziativa “Facciamo l’orto in casa”, spiegando perché anche per questa seconda edizione ha voluto accompagnarci e sostenerci. "Fare l’orto è il modo più bello di approcciare il tema, perché ha a che fare con la lentezza, con la stagionalità, con i cicli della vita e la difficoltà di produrre gli alimenti, cose molto importanti da insegnare", aggiunge l’assessore.
Rolfi: "Promuoviamo la cultura del cibo e una vera sostenibilità"
La Regione punta molto su queste iniziative, infatti anche quest’anno avete lanciato il Bando Orti per finanziare progetti didattici e sociali. Come è andata?
"E’ andata bene, perché come ogni anno abbiamo più domande rispetto ai fondi a disposizione, vuol dire che è una politica promossa perché anno dopo anno riscuote sempre un successo crescente. Dobbiamo interrogarci su come aumentare le risorse, magari anche collaborazioni con altri enti. In particolare finanziamo gli orti didattici, come gli scorsi anni abbiamo coinvolto tutti gli ordini e i gradi di istruzione registrando un interesse degli insegnati. Il rapporto con la terra e l’ambiente sta prendendo sempre più spazio nei percorsi didattici, quindi è una politica che negli anni ha generato processi e partecipazione".
Nelle scuole infatti si presta molta attenzione all’alimentazione.
"E’ uno spazio che dobbiamo ancora del tutto conquistare, nel senso che c’è un interesse crescente per i servizi di refezione scolastica ma siamo ancora lontani dal far diventare il sistema di refezione scolastica come un momento educativo, e viene visto soltanto come erogazione di una sana alimentazione. Ma non ci interroghiamo da dove viene il cibo, magari collegandoci alle filiere produttive, facendolo diventare un momento di educazione alla sostenibilità. Il nostro obiettivo è di lavorare, da qui a fine mandato, a delle linee guida regionali da offrire alle scuole per una migliore gestione della refezione scolastica, non solo dal punto di vista nutrizionale, ma legandola alla didattica e al rapporto col territorio, perché sia anche un’occasione di conoscenza. Dobbiamo fare un salto di qualità: lavorando sui bambini speriamo di rendere le nuove generazioni più responsabili".
La sostenibilità è un tema molto sentito, da tutti. Come si applica concretamente?
"La sostenibilità non è solo una questione ambientale ma anche e soprattutto sociale ed economica. Le attività agricole sono molto esposte in questo periodo di crisi: sono a rischio di sopravvivenza tante aziende. Pensiamo all’incremento dei costi. Va bene rispettare tutte le direttive ambientali che ci vengono imposte dall’Europa, ma responsabilizziamoci sul consumo territoriale: consumando prodotto locali riduciamo l’inquinamento – causato dal trasporto - e valorizziamo la stagionalità, generando un ritorno economico sul territorio. Questo anche attraverso le mense scolastiche".
Senza dubbio i produttori agricoli stanno affrontando una fase difficile: voi come li state aiutando?
"Innanzitutto dobbiamo ottenere dal governo misure di deroga e flessibilità: abbiamo chiesto la moratoria e la ristrutturazione dei mutui con garanzie di Stato e interventi calmieratori sui costi, ad esempio sul gasolio agricolo, fino anche al tema dei liquami zootecnici per far fronte all’aumento dei costi dei fertilizzanti, considerato che la maggior parte di questi vengono importati dalla Russia. Non basta: dobbiamo rivedere e posticipare la prossima Pac (Politica agricola comune), perché ora è il momento non tanto degli investimenti per migliorare gli standard ambientali, che resta un obiettivo nobile che non va cancellato. Ma oggi serve liquidità, alle imprese va data la “benzina” per stare in piedi. Tutti i costi sono aumentati. Qualche iniziativa il governo l’ha adottata, noi sicuramente cerchiamo di fare la nostra parte, ma abbiamo bisogno di un quadro regolatorio comunitario per poter affrontare l’emergenza".
Oltre alla pandemia e alla guerra, c’è un’altra emergenza: la peste suina africana. Anche questa ci colpisce direttamente?
"Assolutamente sì, la peste suina è una malattia non curabile e di cui non esiste vaccino. L’impatto commerciale è violentissimo, perché obbliga a non esportare neanche un salame fuori dai nostri confini. La Lombardia conta il 54% dei maiali allevati in Italia, quindi questa malattia per noi comporta dei danni incredibili, che dobbiamo scongiurare. Purtroppo su questo ci sono delle lentezze burocratiche da parte del Ministero della Salute, ad oggi non è partita nessuna attività di eradicamento dei cinghiali dalle zone infette, non sono partite le recinzioni e il commissario nominato per l’emergenza non ha ancora poteri effettivi".
Tutti siamo chiamati a fare la propria parte per valorizzare il territorio e riscoprire la natura, anche nei centri urbani. Ultimi esempi che avete promosso sono stati Custodiscimi e CiliegiaMi, alle porte di Milano.
"Oggi nelle aree urbane e metropolitane c’è una grande attenzione al verde, una forte consapevolezza che il verde fa vivere meglio. Si scelgono soluzioni educative di prossimità ed esperienze di culture urbane, che consentono due vantaggi. La prima: garantiscono un maggior reddito al produttore e un risparmio al consumatore attraverso l’approvvigionamento diretto, saltando dei passaggi dal produttore al consumatore. Con una maggiore consapevolezza da dove viene il cibo. La seconda: l’agricoltura offre esperienze, soprattutto in ambito urbano, un esperienza didattica e di vita all’aria aperta. Questi fattori faranno crescere l’agricoltura e anche ambiti urbani marginali, che grazie proprio all’agricoltura possono riprendere importanza e vitalità".